La riforma del mercato del lavoro è anche oggi al centro del dibattito politico. Mentre il Partito Democratico a Roma, nella sede di Sant’Andrea delle Fratte, sta per concludere la sua direzione nazionale sul tema, il Popolo della Libertà ha presentato a Milano il proprio manifesto per un moderno Statuto dei Lavoratori. Un testo in dieci punti in cui sono elencati gli obiettivi del Pdl: dal completamento della riforma sugli ammortizzatori sociali, al rafforzamento della contrattazione fino a una maggiore flessibilità.
Maurizio Sacconi, ex ministro del Welfare, nei giorni scorsi aveva avvertito il premier Mario Monti: «Qualora il governo dovesse utilizzare un ddl ordinario vorrebbe dire che ha voluto soltanto dare l’impressione di una riforma. Sarebbe una presa in giro e avrebbe inesorabilmente tempi lunghi in un momento pre-elettorale».
A lato della conferenza nazionale del partito Sacconi ha voluto ribadire, in esclusiva per IlSussidiario.net, il suo giudizio sulla decisione del governo: «Io ritengo che il disegno di legge nell’ultimo anno di legislatura, ancor più se si tratta di temi divisivi come quello del lavoro, sia un tipico strumento incapace di produrre un esito. A questo punto il Presidente del Consiglio, Mario Monti, dovrà verificare, con la sua maggioranza, volontà e disponibilità nel merito e nel metodo, altrimenti significa che abbiamo solamente scherzato. Sono convinto – ha proseguito Sacconi – che i mercati finanziari e l’Europa stessa non apprezzeranno questa decisione. Il disegno di legge in sé, infatti, è rischioso in questo senso, a meno che il premier non riesca a far emergere dalla sua maggioranza una fortissima volontà, proprio quella che in questo momento non c’è».
Da Seul, prima tappa del suo lungo “road show” in Estremo Oriente, il premier Monti è comunque voluto tornare sull’argomento, rispondendo alle domande dei giornalisti in conferenza stampa: «Un illustrissimo uomo politico diceva: “meglio tirare a campare che tirare le cuoia”. Per noi non vale nessuna delle due espressioni perché l’obiettivo è molto più ambizioso della durata, ed è fare un buon lavoro… 



Se il Paese, attraverso le sue forze sociali, parlamentari e politiche non si sente pronto per quello che noi riteniamo un buon lavoro, non chiederemmo certo di continuare per arrivare a una certa data». E sullo strumento scelto ha voluto chiarire: «Un decreto legge – ha spiegato il Presidente del Consiglio – sarebbe venuto a valle di un processo più lungo, ma con una qualità al ribasso. E il governo ha fatto una scelta di qualità».

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