Mario Monti dalla Corea manda un avviso importante, usando un linguaggio forte e diretto: “Se il Paese attraverso le sue forze sociali e politiche non si sente pronto per quel che noi riteniamo un buon lavoro, non chiederemo di continuare per arrivare a una certa data”. Il governo dei tecnici è dunque pronto a togliere il disturbo ben prima della fatidica data del 2013 se la riforma del lavoro non viene approvata. È questo infatti quel “buon lavoro” che il premier ritiene di aver fatto con la sua squadra e che invece tale non viene giudicato da sindacati, ma non solo. Poi Monti cerca di lasciare un barlume di speranza: finora l’Italia si è mostrata più pronta del previsto, aggiunge. “Se qualche segno di sgradimento c’è stato – ha detto – è andato versi altri protagonisti del percorso politico, ma non verso il Governo”. «Non so se sia un ultimatum di Monti – dice Angelo Panebianco, editorialista de Il Corriere della Sera, parlando con IlSussidiario.net – certo è che il capo del governo si sta rivolgendo verso un soggetto preciso e unico». Quale? «Il Partito Democratico. Con la sua consueta chiarezza il Presidente del Consiglio sta dicendo al partito di Bersani che se si schiera compatto contro la riforma del lavoro come ha fatto capire fino ad adesso, allora questo governo se ne andrà e il Pd se ne dovrà assumere la responsabilità». Per non parlare della Cgil: secondo Panebianco, l’Italia è in un momento storico dove si potrà capire se si può governare senza il consenso del sindacato o no, per la prima volta. 



Che messaggio sta mandando secondo lei Monti dalla Corea?

Siamo davanti all’usuale gioco della politica. Monti deve porre con forza il problema del suo legame alla permanenza al governo con la riforma. Visto che ha legato le sorti del governo proprio a questa riforma. È poi naturalmente una dichiarazione che prende atto della criticità della situazione.



Monti ha chiesto al Paese di dire chiaramente se è pronto o no ad accettare la sua riforma. Non sembra una specie di attacco a forze sociali e partiti, o è una parola troppo forte?

Secondo me si può dire che il suo è una specie di attacco, ma attenzione a quello che dice veramente al di là dei toni. Monti sta semplicemente dicendo: se le terapie che io propongo non vi vanno bene, allora sgombriamo il campo. 

È un ultimatum?

Potrebbe essere un ultimatum, questo non lo so, ma è evidente che sta dicendo al Partito Democratico, perché è a loro che si sta rivolgendo, se vi schierate contro la riforma compatti allora questo governo sgombera e voi vi assumete la responsabilità. In parole povere sa dicendo: il cerino adesso è nelle vostre mani.



Una bella chiamata alla responsabilità. Ha anche detto che gli investitori stranieri hanno ancora paura del ritorno di vecchi vizi, come l’invadenza della politica nell’economia. Parole forti anche queste.

Sì, una dichiarazione forte, ma anche veritiera. Ha ragione, quella dell’invadenza della politica è una delle ragioni, non l’unica, della paura degli investitori esteri che arrivano qua.

Quali sono le altre?

 

In Italia abbiamo già situazioni pesanti dal punto di vista amministrativo. Poi c’è la lunghezza drammatica della giustizia civile, tutte cose che scoraggiano gli investimenti. Se poi la politica è presente pesantemente  nell’economia, questo scoraggia del tutto gli investimenti esteri. Quindi mi pare una dichiarazione veritiera ed esposta con la consueta chiarezza di Monti. Ma tutto questo non servirà, perché adesso il clima è diventato di nuovo ideologico, siamo tornati alle guerre di civiltà. Quindi non so se implicherà che le cose cambino, ma io non lo credo anche leggendo le dichiarazioni fatte ancora oggi da vari esponenti politici.

 

Monti si è rivolto anche alle forze sociali. La Cgil rappresenta uno schieramento fatto da milioni di lavoratori, se deciderà di tirare su del tutto il muro, che speranze potrà avere la riforma del lavoro?

 

Se la Cgil fa muro totale si tratterà allora di stabilire se è possibile o no governare con il consenso della Cgil. Questo è il problema: un governo può permettersi di governare senza il sindacato più forte? E’ il tema che ruota intorno alla Costituzione materiale del Paese, perché nella Costituzione scritta non c’è nessuna norma che prevede che un sindacato possa decidere le sorti di un Governo.  Ma è il tema è questo ed è sul tappeto