Dopo il “grande scontro” tra politici e tecnici è toccato ai pompieri darsi da fare. Le parole di Monti sul calo di consenso dei partiti? «Una tempesta in un bicchiere d’acqua», secondo il leader dell’Udc, Pier Ferdinando Casini. «Si sono amplificati equivoci che rientreranno rapidamente», ha commentato su twitter il montiano Enrico Letta (Pd). Ma la polemica tra il Presidente del Consiglio e le forze che siedono in Parlamento è davvero da archiviare? «Diciamo che dietro a questi fatti – spiega Stefano Folli a IlSussidiario.net – c’è sempre una genesi complessa. Non sono fuochi d’artificio che esplodono all’improvviso, senza poi lasciare traccia. Se certe cose accadono è perché alla base ci sono delle ragioni profonde».
E secondo lei quali sono?
Da un lato mi pare che si sia manifestata una certa insofferenza del premier di fronte ai tatticismi e alle furbizie delle forze politiche. E il Presidente del Consiglio, in un modo anche inusuale, ha voluto dar voce a questo malessere.
Detto questo, bisognerebbe capire se c’era un obiettivo preciso perché chi guida un governo, a mio avviso, non dovrebbe dimostrarsi irritato, a meno che non voglia raggiungere uno scopo.
In questo caso, lo ha fatto per indurre i partiti a comportamenti più responsabili sull’art. 18? Non avrebbe molto senso. Avendo concesso il disegno di legge sulla riforma del mercato del lavoro bisognerebbe almeno aspettare che si sviluppi un approfondimento parlamentare. Se invece voleva mettere i partiti con le spalle al muro avrebbe potuto scegliere la strada del decreto.
La dichiarazione del premier quindi non l’ha convinta?
Francamente l’ho trovata intempestiva. Certo, si può giustificare con lo stress a cui il governo è sottoposto. La “luna di miele” dei primi mesi infatti è finita e il compito è sempre più difficile, anche se fino ad ora è stato svolto molto bene. Oppure c’è una terza ipotesi.
Quale?
Dietro a quelle parole potrebbe esserci una logica politica. Nonostante le smentite di questi mesi, Mario Monti potrebbe infatti prepararsi un ruolo in questo senso. D’altronde il capo del governo gode di un grande consenso e ha voluto ricordarlo a tutti. Potrebbe essere un segnale.
Ipotizzare uno scenario di questo tipo non è più fantapolitica?
Innanzitutto, bisogna dire che l’attuale assetto può durare fino al 2013. Dopodiché, in ogni caso, dovrà esserci un salto di qualità. E non si può escludere che a quel punto ci sia un’ampia presa d’atto di un fatto: questo esecutivo ha modificato i termini della politica tradizionale ed è il caso di continuare, plasmando questo tipo di governo in una forma più politica. Chiaramente, alla luce di questa, che per ora resta solo un’ipotesi, le parole del Presidente del Consiglio assumono un significato molto diverso.
Nel frattempo, ha notato una ripresa d’iniziativa da parte dei partiti, a cominciare dalla legge elettorale?
Francamente non è la prima volta che sentiamo annunci di questo tipo e, purtroppo, nulla ci dice che questa volta andrà diversamente dal passato. Al di là dei comprensibili malumori che l’annuncio dei segretari ha suscitato all’interno dei propri partiti, bisognerà infatti capire se siamo davvero in presenza di uno spirito costituente. Per ora non ne vedo traccia. Prendo solo atto del fatto che le forze che sostengono la maggioranza, con una certa astuzia politica, sono uscite dall’angolo organizzando in quattro e quattr’otto un vertice dal quale è uscita una proposta che era nel cassetto da mesi.
Nel merito, l’ipotesi di un ritorno al proporzionale la convince o copre la difficoltà dei partiti di oggi nell’annunciare le loro prossime alleanze?
Prima di questo guarderei un attimo alle tempistiche. Da qui a febbraio 2013 quattro letture non mi sembrano poche. E non vorrei che alla fine i partiti si presentassero davanti agli italiani rammaricandosi del fatto che questa volta, pur essendo d’accordo, la riduzione del numero dei parlamentari non si è potuta fare. Sarebbe un film già visto.
Per quanto riguarda la legge elettorale, ciò che è stato presentato è talmente confuso che non merita grandi ragionamenti. Che senso avrebbe ad esempio l’indicazione del premier in un sistema proporzionale? Nessuna. Le contraddizioni sono ancora troppe.
Prima ha fatto riferimento ai tormenti interni ai partiti. Chi è maggiormente in sofferenza in questo momento secondo lei?
A mio avviso il centrosinistra ha un enorme problema di identità. Per questo il Pd non riesce a esprimere una visione della società e continua a oscillare sul piano delle alleanze.
Il centrodestra invece è alle prese con lo sfarinamento del Pdl. Dopo vent’anni di berlusconismo emergono tutti i problemi che la leadership riusciva a nascondere.
Qualcuno in questo campo probabilmente sogna un ritorno alle origini, ma la storia insegna che queste operazioni non riescono mai. Gli anni passano e tutto cambia.
L’Italia resta un Paese a forte maggioranza moderata, ma l’esperienza del Pdl, così come l’abbiamo conosciuta, sembra comunque esaurita.
(Carlo Melato)