«Il montismo non esiste». I governi politici torneranno presto, dopo le elezioni. Parola del Presidente del Consiglio, Mario Monti, che, con una lettera pubblicata ieri sul Corriere della Sera, ha voluto gettare acqua sul fuoco dopo le polemiche scatenate dalle sue frasi sul calo di consenso dei partiti.
«L’incidente per me non è mai esistito. E se consideravo la vicenda chiusa prima, figuriamoci adesso – spiega a IlSussidiario.net l’On. Beppe Fioroni (Pd) –. Il premier, infatti, ha chiarito il suo pensiero con un ragionamento  di grande spessore, nel quale ha sottolineato la maturità dell’Italia e degli italiani. Non solo, ha rilanciato un tema: la politica è indispensabile per la democrazia, perché è partecipazione e volontà del cittadino di esserci. Per questo a mio avviso la politica italiana si deve necessariamente ri-formare. Quella che noi oggi chiamiamo “anti-politica”, non è altro che una “politica contro”, la voglia cioè dei cittadini di condividere una propria capacità di partecipazione diversa da quella delle forze politiche di oggi, che evidentemente non sanno entusiasmare più. Dobbiamo cogliere questa necessità, perché non potremo permetterci di tornare a essere quelli che eravamo, nel modo in cui siamo adesso».



In che modo può avvenire questa riforma della politica?

Per prima cosa non bisogna illudersi che basti cambiare gli strumenti per rispondere alle attese degli italiani. Non abbiamo poi bisogno di nuovi partiti, ma di una politica nuova, intesa come percorso comune per la costruzione del bene di tutti.
Le cito due dati eloquenti: il 50% degli italiani oggi dichiara che non andrebbe a votare, mentre il gradimento che i partiti hanno nel Paese è crollato al 4%. Non si può pensare di rimediare a questa situazione limitandosi a cambiare il modo in cui si vota. Detto questo, anche i tecnici devono fare la loro parte.



Cosa intende dire?

Devono comprendere che in una società complessa e globale come la nostra, la sola tecnica può aiutare a mettere una pezza, ma non può e non deve pensare di essere la normalità. Sarebbe un errore gravissimo, specialmente in questa fase storica.

Nel suo messaggio, Mario Monti, ha rivolto una domanda precisa alla politica: con quali tempi il Parlamento approverà la riforma del lavoro? La sua portata riformatrice verrà diluita?

Io penso che il Presidente Monti intanto dovrebbe essere orgoglioso di una riforma che semplifica l’accesso al lavoro ed estende gli ammortizzatori sociali e i percorsi di apprendimento permanente. Non solo, per la prima volta in questo Paese, inserisce il principio del licenziamento individuale per motivi economici.
Se però l’esecutivo decide di dare inizio a un braccio di ferro per dimostrare che la vera portata innovatrice della riforma è quella per la quale se si viene licenziati per un finto motivo economico, non si viene reintegrati, ma al massimo indennizzati, farebbe un gravissimo errore. Sarebbe un torto all’intelligenza dello stesso Monti.



Il governo sta rischiando di tirare troppo la corda secondo lei?

Non è questo il problema. Ad oggi c’è una contraddizione nelle stesse parole del premier, che aveva giustamente promesso che non avrebbe consentito abusi e arbitri. Per questo non è ammissibile che una persona, vittima di una discriminazione, non abbia quanto è in suo diritto.
L’innovazione è il licenziamento individuale di natura economica, ma agli arbitri bisogna assolutamente rimediare. È una correzione di civiltà, non un arretramento dello spirito riformatore.

Riguardo alle tempistiche cosa risponde al Presidente del Consiglio?

Per fare quanto ho detto è sufficiente un mese, ma è decisivo il clima che si crea. La responsabilità della politica è anche figlia infatti di quella dell’esecutivo e del mondo sociale. Se qualcuno vuole un braccio di ferro tra i falchi delle opposte fazioni sappia comunque che si corrono due gravi rischi: una legge peggiore di quella attuale e un’instabilità di governo molto pericolosa per il Paese.  

Lei prima invitava i tecnici a non considerare questa fase una normalità. Su questo il premier non è stato esplicito?

Sì, a mio avviso però una cosa dev’essere chiara a tutti: dopo il 2013, il governo, a prescindere da chi lo guiderà, non potrà che essere politico. 
Non potremo dire agli italiani che governeremo insieme ancora una volta per emergenza, o per furbizia. Chi sarà chiamato a farlo dovrà governare per scelta, condividendo un progetto e dei valori con i propri alleati. 

La legge elettorale che è stata ipotizzata secondo lei va in questo senso?

A mio avviso sì, ma anche in questo caso è necessaria una premessa. Ciascuno di noi deve entrare nell’ordine di idee che il Porcellum va levato di mezzo. Questo però comporta anche che si rinuncia alla legge “perfetta” che ognuno ha in testa. 

Cosa significa?

Basta dare un occhio alla bagarre che si è vista oggi sui giornali, in cui tutti si dicono alla ricerca del “meglio”. Nella migliore tradizione italiana questo in realtà sta a significare che in molti stanno provando a soffocare il “bene” possibile.  Per fare un passo in avanti insieme  però ciascuno deve fare delle rinunce. Non farle, dicendo di voler ottenere la migliore delle leggi possibili, non è altro che il massimo della conservazione. 

(Carlo Melato)