La sospensione delle ostilità tra le principali forze politiche, che si è verificata in seguito all’insediamento del governo Monti, ha prodotto un risultato politico fino a pochi mesi fa impensabile. I partiti che sostengono l’attuale maggioranza hanno infatti raggiunto un accordo sulla riforma dell’architettura istituzionale del nostro Paese. Luciano Violante (Pd), Gaetano Quagliariello (Pdl), Ferdinando Adornato (Udc), Italo Bocchino (Fli) e Pino Pisicchio (Api) hanno stilato un documento per sfoltire il numero dei parlamentari (i deputati passeranno da  630 a 508, i senatori da 315 a 254), aumentare i poteri del premier e superare il bicameralismo perfetto. Abbiamo chiesto a Violante di illustrare a IlSussidiario.net i connotati principali.



A cosa serve tagliare i parlamentari, oltre che a ridurre i costi?

La questione dei costi è del tutto marginale. Lavoriamo, anzitutto, sull’ottimizzazione della rappresentanza politica. Non solo diminuendo il numero dei parlamentari, ma anche correggendo l’elettorato attivo e passivo.
Abbiamo previsto che i cittadini possano votare i propri rappresentanti sia alla Camera che al Senato a 18 anni (per il Senato servono 25 anni). E che possano essere eletti deputati a 21 anni (attualmente possono esserlo a 25) e senatori a 35 (ora è necessario averne 40). Ebbene: ampliare la base e ridurre il numero di deputati e senatori costruisce un rapporto migliore tra elettore ed eletto.



Si era parlato, all’inizio, di un dimezzamento.

Con 315 deputati avremmo collegi di 600mila persone. Troppo grandi perché la rappresentanza possa funzionare.

Come intendete potenziare il ruolo del presidente del Consiglio?

La fiducia sarà data direttamente a lui, non più al governo. Il premier, inoltre, avrà il potere di chiedere il voto a data fissa dei provvedimenti dell’esecutivo, con la garanzia che siano approvati, in particolare, in vista degli incontri internazionali. Sarà possibile sfiduciarlo solamente attraverso la “sfiducia costruttiva”. Quando, cioè, la maggioranza assoluta (la metà più uno di tutti i deputati e senatori) indicherà il nuovo presidente del Consiglio. Per ottenere la fiducia, invece, sarà sufficiente la maggioranza semplice (la metà più uno dei votanti).



Come prevedete, invece, di superere il bicameralismo perfetto?

La prima ipotesi prevede che siano i presidenti delle Camere ad attribuire i disegni di legge all’una o all’altra Aula; la seconda che le competenze esclusive dello Stato, previste dal II comma dell’articolo 117 della Costituzione, siano attribuite in prima lettura alla Camera, mentre quelle delle Regioni, previste dal III comma, siano attribuite al Senato. Fermo restando il potere di richiamo. 

Ovvero?

Il ramo del Parlamento che non ha esaminato il provvedimento può chiedere di farlo se l’istanza proviene da almeno un terzo dei suoi membri.

La vostra bozza è la principale?

Decideranno i segretari di partito e i gruppi parlamentari il da farsi. Ma, attualmente, è l’unica.

Quando verrà votata?

Se i partiti si accordano, si può iniziare entro marzo la discussione, per avere entro giugno il voto al Senato ed entro i primi di agosto il voto alla Camera.

Crede che incontrerete degli intoppi su questo cammino?

Le dichiarazioni d’intenti sono positive. Occorrerà vedere, nella pratica, cosa succede. 

Il governo non sembra intenzionato a metterci becco.

Certo. I gruppi parlamentari e i partiti hanno dato mandato al governo di interessarsi delle questioni economico-finanziarie mentre il Parlamento si occuperà di quelle istituzionali.

(Paolo Nessi)