“La vittoria di Ferrandelli sulla Borsellino a Palermo è una conseguenza diretta delle dinamiche tipiche delle primarie. In queste occasioni votano di solito solo dei piccoli gruppi di sostenitori particolarmente motivati, mentre la maggior parte degli elettori, che rappresentano il grande bacino di voti del Pd, preferisce astenersi”. Lo afferma Antonio La Spina, ordinario di Sociologia all’Università di Palermo, intervistato da Ilsussidiario.net sul voto che ha visto Fabrizio Ferrandelli, un ex dell’Italia dei Valori, prevalere con 9.945 voti su Rita Borsellino, candidata ufficiale del Pd, fermatasi a 9.785 voti.



Professor La Spina, Bersani ha commentato l’esito del voto affermando che le primarie non sono “un pranzo di gala”. Che cosa ne pensa di questa dichiarazione?

Le primarie chiaramente sono una competizione. Secondo le intenzioni, dovrebbe essere una competizione che poi porta a una unificazione. Chi è stato in competizione dovrebbe quindi trovare un momento di coagulazione successiva. L’esperienza ci insegna però che questo non sempre avviene. In alcune città italiane questo è successo, mentre in altre le cose sono andate in modo ben diverso. Nel caso di Palermo c’è stata una certa tensione, e ora vedremo che cosa succederà. In realtà in questo momento non è facile fare previsioni. Il fatto certo è che c’è un vincitore, sia pure di piccola misura, e che Rita Borsellino lo ha riconosciuto.



Per quali ragioni secondo lei Ferrandelli ha vinto sulla Borsellino?

Evidentemente perché ha preso più voti, anche se sono poco meno di 200 in più. Il margine è talmente stretto che l’esito avrebbe anche potuto essere diverso. Le previsioni di alcuni (anche di un sondaggio), secondo cui ci sarebbe stata una forte differenza tra i due, non sono state confermate. Ciascuno di questi candidati è stato sostenuto da forze diverse, tra loro eterogenee. Da un lato c’erano alcuni partiti (tra cui il Pd nazionale, Id, Sel), dall’altro i movimenti e ed esponenti della politica locale. Il risultato numerico è quindi una sommatoria di diverse componenti. Inizialmente Ferrandelli è stato appoggiato da alcuni movimenti, poi si sono aggiunti la gran parte degli esponenti del Pd locale.



Perché il Pd locale si è “ribellato” ai vertici nazionali?

Innanzitutto, il segretario regionale del Pd Lupo e alcuni altre personalità del partito hanno espresso una preferenza per la Borsellino, in sintonia con i vertici nazionali. Ma la maggioranza del Pd locale si è pronunciata apertamente a favore di Ferrandelli. Ciò perché la Borsellino si è dichiarata contro la formula politica che al momento sostiene (con la partecipazione del Pd) il governo della Regione siciliana. Osservo inoltre che né la Borsellino né Ferrandelli, cioè i due candidati che hanno preso più voti, hanno la tessera del Pd. Borsellino era fortemente voluta da Sel e Idv. La situazione del Pd a Palermo è peraltro molto complicata.

 

Quello di Palermo non è il primo caso in cui i candidati ufficiali del Pd nazionale perdono le primarie. Quali somiglianze e differenze ci sono tra Palermo, Napoli e Genova?

 

Nella maggioranza dei casi in realtà è vero il contrario, in quanto spesso è il candidato del Pd a vincere le primarie. A fare eccezione sono alcune grandi città, come Genova, Milano e Napoli, anche se a Torino invece ha vinto Piero Fassino. Quanto è avvenuto a Palermo è solo in parte simile. A Milano o a Genova i candidati del Pd sono stati sconfitti da candidati riconducibili a Sel. A Napoli un outsider di Idv, che non aveva partecipato alle primarie, ha sopravanzato il candidato Pd. A Palermo, invece, la candidata di Sel e di Idv ha perso, mentre ha vinto il candidato appoggiato dal grosso del Pd locale, che alla Regione governa con il Terzo polo (dal quale si è staccato da poco l’Udc). Occorre considerare anche certe caratteristiche tipiche delle primarie all’italiana. Coloro che vanno a votare di fatto sono degli elettori particolarmente motivati (per ragioni di appartenenza o per altre ragioni). Salvi casi particolari, come quello di Napoli dove le primarie sono state annullate perché si è ritenuto che vi fossero stati degli elementi che avevano inquinare il voto. Più in generale, in città dove il Pd è il partito del centro-sinistra che prende di gran lunga più voti, può accadere che le primarie non portino a un esito gradito alla segreteria nazionale del partito. E la ragione è semplicemente che chi va a votare alle primarie è un sottoinsieme molto più piccolo rispetto a chi va poi a votare alle elezioni. Il che è ovviamente un difetto dello strumento. Ciò ha a che fare con le complesse dinamiche tipiche delle primarie, sulle quali sono state presentate delle proposte di regolamentazione. Ci si chiede per esempio se le primarie debbano essere di partito o di coalizione, o prima di partito e poi di coalizione. Secondo altri, occorrerebbe realizzare una sorta di filtro, per verificare chi è veramente simpatizzante e chi no.

 

Come si spiega il fatto che i candidati ufficiali del Pd perdono soprattutto nelle grandi città?

 

Più è grande una città, e più al suo interno si possono creare certi nuclei robusti, composti da soggetti molto motivati a partecipare, mentre la grande massa dei cittadini va a votare solo alle elezioni e alle primarie si mobilita assai meno. Detto questo, bisogna anche guardare anche alla qualità dei candidati. Piero Fassino (un leader autorevole del tutto interno al Pd) a Torino ha vinto senza difficoltà le primarie e poi le elezioni.

 

(Pietro Vernizzi)