Ha avuto ragione Massimo Franco, bravo editorialista de Il Corriere della Sera, quando qualche mese fa vedeva la crisi irreversibile del cosiddetto “asse del Nord”. Le vicende leghiste di questi ultimi mesi, la frattura interna nel gruppo dirigente, le code giudiziarie con relative “mazzette” (con la sensazione che siano un capitolo piuttosto ampio), fanno pensare a una profonda crisi della Lega unita al definitivo tramonto del rapporto politico tra Silvio Berlusconi e Umberto Bossi. Alla fine, il “governo dei tecnici” di Mario Monti, che formalmente dovrebbe essere il motivo di divisione tra Lega Nord e Pdl, si rivela come il detonatore della scomposizione di un quadro politico intorno a cui è ruotata la politica italiana da quindici anni a questa parte.



Onore al merito, Franco, l’“asse del Nord” è ormai materiale di studio per la storia della Seconda Repubblica.

La Lega non vuole più Berlusconi, questa è la prima considerazione che si deve fare e che si vedeva da tempo. Poi occorre ragionare e vedere quale sarà il destino della Lega Nord, anche alla luce di tutto quello che sta accadendo, come il caso di Davide Boni, il presidente del Consiglio regionale lombardo. A mio avviso la Lega è in grave crisi, con un gruppo dirigente diviso al suo interno e che deve giustificare anche alcune cose al suo elettorato. In questo momento mi sembra alla ricerca di una sua vecchia identità politica. Ma l’operazione è tutt’altro che semplice, tutt’altro che facile nei confronti dell’elettorato d’opinione. Il problema è vedere quello che può accadere. La Lega quando è nata raccoglieva voti da tutte le parti, il suo elettorato era trasversale. Il movimento riceveva adesioni da elettori di partiti diversi. In una crisi come questa, dove può andare a finire questo elettorato?

Il “governo dei tecnici” di Mario Monti sembra che abbia accelerato la scomposizione del quadro politico sia nel centrodestra che nel centrosinistra. La crisi dell’“asse del Nord” può essere speculare al nuovo intoppo sulle primarie siciliane nel centrosinistra?

Il quadro di scomposizione c’è, si vede nitidamente. È presumibile che gli attuali partiti si troveranno sempre più soli anche dopo la fine di questa legislatura e nel prossimo Parlamento. Il che fa pensare al varo di una legge elettorale con un marcato ritorno al proporzionale. Ma non si può dire che la scomposizione del centrodestra sia speculare a quella del centrosinistra. Nel centrosinistra l’antipolitica paga meno che nel centrodestra. Nel centrosinistra si nota un blocco sociale più compatto, poi ci sono grandi problemi di gestione. Il centrodestra ha un’autentica frattura.

Questo fa il gioco di un “governo dei tecnici” come quello di Mario Monti, magari anche nella prossima legislatura, con lo stesso premier che si ricandida.

Monti non si ricandiderà affatto. Monti è molto più ambizioso. Aspetterà una “chiamata”, una seconda “chiamata”. Del resto, nella scomposizione del quadro politico, con un anno ancora da percorrere, il governo Monti sta rappresentando un autentico acceleratore di un ricambio politico complessivo. La stessa Udc che cosa potrà riservarsi? Potrà rivendicare di aver visto meglio degli altri, ma non potrà rivendicare qualcosa di più. Poi c’è ormai la consapevolezza che non è più tempo di “ammucchiate”, coalizioni a destra o a sinistra. In questa situazione andare con la Lega Nord è un peso, significa tenere conto di una posizione di retroguardia, Così come nel centrosinistra è impossibile trovare alleanze con i “No Tav”. Come fai ad andare in Europa in simili condizioni? I mercati ti fanno a pezzi nel giro di poco tempo.

 

Ci sono anche nervosismi e contrapposizioni all’interno degli stessi partiti. Nel Pdl Berlusconi si ritaglia il ruolo di “padre nobile”, ma poi deve rinunciare a un “Porta a porta” per l’opposizione che gli è venuta probabilmente dall’interno del suo partito.

 

Beh, ma in questo caso Silvio Berlusconi dimostra di essere poco lucido. Non può nello stesso tempo rimarcare il ruolo di Angelino Alfano e poi limitarlo intervenendo in prima persona. È una scena abbastanza surreale quella che si è verificata per la trasmissione di Bruno Vespa, con una convocazione in studio alle nove di mattina, per poi fare saltare tutto. È probabile che Alfano abbia fatto intervenire il partito in una situazione come questa. A questo punto, Alfano sembra diventato l’alibi per mettere Berlusconi con le spalle al muro sia da parte degli amici che da parte dei suoi avversari.

 

C’è un altro fatto che occorre ricordare. La non partecipazione dichiarata di Alfano al vertice di maggioranza con Monti, Bersani e Casini. Può avere un significato questo fatto?

 

Tutto questo non pregiudica i rapporti tra il Pdl e Monti, tra Alfano e Monti, tra lo stesso Berlusconi e il governo Monti. Non ci saranno contraccolpi. Il problema è che Alfano è stato con tutta probabilità bloccato dal suo partito, da diversi parlamentari che temevano una trappola su questo vertice. Scopo dell’incontro infatti erano i problemi della Rai e della giustizia. E questo significa allargare il perimetro dell’intervento di Monti, il cui governo è nato per dare una risposta alla crisi economica.

 

(Gianluigi Da Rold)