Archiviato il caso Riccardi, il Pdl torna a discutere del suo futuro. A Orvieto sta per chiudersi infatti la scuola di formazione politica organizzata da Sandro Bondi. Silvio Berlusconi, atteso per domattina, ha però fatto sapere che non ci sarà. «Da giorni girava voce che il Cavaliere non avesse molta voglia di venire – racconta a IlSussidiario.net Fabrizio D’Esposito de Il Fatto Quotidiano –. E tutti concordavano sul fatto che una sua assenza sarebbe stata una sconfessione molto forte del partito e del suo segretario. Del resto però non si può dire che qui a Orvieto ci fosse grande entusiasmo». Cosa intende dire? «A giudicare dalle defezioni, dai vuoti in sala e dalla scarsa presenza di giovani a quella che avrebbe dovuto essere una scuola di politica direi che si può iniziare a parlare di un “partito postumo”. Ascoltando gli interventi dei dirigenti mi hanno colpito invece le critiche al Cavaliere». A chi si riferisce? «Fabrizio Cicchitto, ad esempio, ha invitato i suoi colleghi a lasciare da parte la diplomazia e ha dichiarato che il Pdl non può più basarsi soltanto sul carisma del suo leader, anche perché si è “attenuato”. Maurizio Gasparri, invece, ha risposto indirettamente a Berlusconi sulla questione del nuovo nome, ricordandogli che anche “Popolo della Libertà” fu scelto attraverso un sondaggio. Iniziano a notarsi delle crepe…». Tra il partito e il suo fondatore? «Questa da un lato, dall’altro è evidente anche la divisione tra alfaniani ed ex An, che nei congressi locali stanno vincendo a mani basse. In questa fase però, nonostante le differenze strategiche, a livello tattico le anime interne si stanno compattando, perché temono un nuovo “colpo di teatro” di Silvio Berlusconi». Un nuovo partito? «La forma e il nome che potrà prendere non è dato saperlo. Potrebbe essere una lista civica nazionale piena di volti nuovi o qualcosa di ancora diverso. Ciò che traspare chiaramente però è che il Cavaliere ormai consideri il Pdl un prodotto scaduto. D’altra parte, non è mai stato un sostenitore dei partiti vecchio stile, dei congressi e delle tessere.



Non solo, Berlusconi ha capito che nell’immaginario collettivo questi apparati ormai sono percepiti come “casta” e che gli italiani (e forse anche lui) la pensano come il ministro Riccardi. Ecco perché la dirigenza pidiellina si sente in pericolo. Per loro potrebbe essere difficile trovare spazio nella prossima creatura berlusconiana…».

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