In una della sue missioni all’estero per recuperare credito, credibilità a convincere gli investitori internazionali a investire in Italia, il premier Mario Monti ha incontrato anche l’emiro del Qatar Hamad bin Khalifa Al Thani. Nel corso di una conferenza stampa congiunta il presidente del Consiglio italiano ha affrontato, anzitutto, il tema del nostro mercato del lavoro. Non è la prima volta che Monti affronta in un consesso internazionale la questione. Secondo gran parte del governo che presiede, infatti, gli investitori si sarebbero sentiti scoraggiati nel corso degli anni ad approdare in Italia in misura massiccia proprio a causa delle storture del nostro mercato del lavoro. In particolare, per anni, sul banco degli imputati sarebbe finito il famigerato articolo 18. Che attualmente, in ogni caso, non è stato ancora significativamente modificato. Da questo punto di vista, il premier ha fatto sapere che la riforma in cantiere è ben più ampia a incisiva di quanto non fosse quella prospettata a novembre. In particolare, «le nuove misure riguardavano i soli nuovi assunti ed erano a titolo sperimentale» ha fatto sapere. Monti ha, inoltre, spiegato che, ad oggi, molti degli investimenti in Italia erano stati scoraggiati dalla dilagante corruzione e dall’eccessiva burocrazia. Riferendosi al suo intervento programmatico dl 17 novembre, ha ricordato che aveva posto l’accento sull’ipotesi di «consentire un maggior grado di flessibilità da parte delle imprese, in particolare in uscita. In quell’occasione parlavo di queste misure per i soli lavoratori nuovi assunti e a titolo sperimentale e invece nel ddl l’intervento che pure alcuni hanno trovato non sufficientemente ampio, è esteso a tutti i lavoratori, non solo ai nuovi assunti, ed è introdotto a titolo definitivo, non solo sperimentale». L’emiro, dal canto suo, ha rivelato che il Fondo Sovrano del suo paese sta individuando la strade più opportuna per investire nel nostro Paese. Contestualmente, il ministro del Lavoro, Elsa Fornero, intervenendo in un convegno alla Lumsa, ha spiegato che la riforma avrebbe potuto essere molto più clamorosa, se fosse stata costituita da soli 2 articoli.



Il che, ovviamente, non è stato possibile, considerata la complessità della società e se ne sono resi necessari 72. «Il risultato è che le parti, portatrici di legittimi interessi, sono entrambe insoddisfatte», ha detto i due articoli a cui si riferisce, se effettivamente applicati, avrebbero rappresentato un cambiamento rivoluzionario. In pratica il primo avrebbe sancito il fatto che i rapporti di lavoro si basano sul «contratto subordinato a tempo indefinito e il resto via, cancellato; due, che in quel rapporto indeterminato le aziende possono licenziare»

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