Si fa un gran parlare di antipolitica, ma non sono in molti ad averla vista e vissuta dall’interno. Carlo Vulpio, inviato del Corriere della Sera, ha le idee chiare in proposito. Alle spalle ha infatti una candidatura alle Europee del 2009 nelle file dell’Italia dei Valori («anche se fecero di tutto per non farmi eleggere», racconta a IlSussidiario.net) e la partecipazione a diverse manifestazioni del Movimento 5 Stelle, al fianco di Beppe Grillo.
«Quando i professionisti della politica iniziarono a etichettare come “antipolitica” un certo fermento che iniziava a farsi notare ero perplesso perché una grande domanda di politica lì dentro c’era. La classe politica fece comunque di tutto per tener fuori quella gente, desiderosa di dire la sua, anche se estranea alle gerarchie di partito. Si assisteva così a una predicazione esteriore della partecipazione, che in realtà veniva ostacolata. Di conseguenza il fenomeno coinvolse sempre più persone che iniziarono ad aderire ai soggetti più diversi». Ma se la domanda è politica, l’offerta è all’altezza? «È su questo punto che iniziano i problemi. Innanzitutto perché non credo che la società sia necessariamente migliore della classe politica che la rappresenta. In secondo luogo, come ho potuto constatare, in nome di una cosiddetta “politica autentica” si possono riprodurre tanti falsi profeti che, se dovessero raggiungere il potere, farebbero certamente peggio di quelli che oggi stanno criticando». Si riferisce a Beppe Grillo? «Il grillismo, a mio avviso, ha degli aspetti inquietanti. Ho visto come lavora il comico genovese: recita un copione, ben scritto, dall’eminenza grigia di questo Movimento, i Casaleggio. Alcune cose hanno anche un fondamento, ma sono ad uso e consumo di chi progetta questa nuova “partecipazione”. Se gli rubi la scena o esci dal copione, se dissenti su un argomento la tua fine è scritta. E non è la fine riservata ai nemici, con cui si combatte e con cui si può anche scendere a patti. Il destino è quello dell’eretico. Le organizzazioni settarie e fanatizzanti sono così. Purtroppo ci dovranno fare i conti tante persone per bene, in buona fede, e molti giovani pieni di speranze che rimarranno deluse». Su cosa avete dissentito? «Ad esempio sulla giustizia e sulla divisione delle carriere. Io sono favorevole, pur non essendo un berlusconiano. Oppure sui limiti della sua proposta sull’impossibilità di candidatura per gli indagati. È folle: perché un giornalista accusato di diffamazione, cosa che in questo lavoro avviene di recente, non può andare in Parlamento? Vede, io instillavo il dubbio e il dubbio non va molto d’accordo con il dogmatismo. Di conseguenza hanno iniziato a censurarmi». In che modo? «Cancellando i miei commenti, sbianchettando la mia immagine dalle foto, eliminando i video dal blog, il nuovo vero Oracolo di Delfi del Movimento a 5 Stelle. Ma la stessa cosa succede a quei militanti che fanno delle critiche sulle chat private.
Alcuni per questo sono stati pubblicamente radiati, come non sarebbe accaduto nemmeno nel comitato centrale dei partiti di ispirazione sovietica. Non so se rendo l’idea, siamo al di là dell’egemonia culturale marxista, siamo alla programmazione di un’intelligenza artificiale, siamo a Matrix. Accanto a questo ci sono le dinamiche della vecchia politica di soggetti che sanno che dovranno spartirsi in una fetta di torta del consenso. Quella del non voto, della protesta, della sinistra che non si sente rappresentata. Ecco perché assistiamo a continui balletti tra Grillo, Vendola, Di Pietro e De Magistris. Con questo ovviamente non voglio assolvere il Palazzo, che, come dicevo all’inizio, sta commettendo gravi errori, anche in termini di sottovalutazione». Con quali rischi? «A mio avviso, fatte salve le colpe della politica, chi soffia sul vento della protesta lascia intravedere un lato doloso e uno preterintenzionale». Cosa intende dire? «Si rischia cioè di evocare le forze della natura, come nel Flauto Magico, senza poi saperle controllare. E se la situazione sfuggirà di mano non sapremo più chi legittima chi e chi sarà legittimato a fare cosa. Bisognerebbe fermarsi un attimo a riflettere perché nel “tutti contro tutti” vincono sempre i più forti…».