Mentre il “compagno” Hollande si accinge a varcare la soglia dell’Eliseo, la sinistra italiana già esulta, dando per scontata l’impossibile rimonta di Sarkozy. Nel frattempo, il segretario del Partito democratico Pierluigi Bersani già si sente sospinto sulla poltrona di Palazzo Chigi dal «vento del cambiamento» che, nei suoi auspici, soffierà sempre più forte. Un vento che, va da sé, e connotato da tonalità rosse che non a tutti piacciono. Meglio rosé, pensano in molti nel partito di Bersani. Tra questi, c’è l’onorevole Beppe Fioroni.



Anzitutto, è soddisfatto della vittoria al primo turno del candidato socialista Hollande?

Chiariamo: considero la sua vittoria al primo turno un fatto estremamente positivo. Potrebbe agevolare il passaggio da un’Europa intesa come federazioni di Stati ad un’entità dotata di effettiva unità politica, ove le regole non siano dettate semplicemente da un’asse costituito dai più forti, ovvero Francia e Germania. Tuttavia, occorre ricordare che l’eventuale vittoria finale dipenderà dai rapporti con il centrista François Bayrou. Credo, del resto, che non solo il futuro della Francia, ma anche quello di tutta l’Europa, si giocherà  in un grande accordo tra riformatori e moderati centristi. Se Hollande sceglierà, invece, l’alleanza con la sinistra estrema e antagonista si arroccherà su posizioni dettate dalla paura.



E in Italia?

Idem; la crescita e un futuro di stabilità saranno possibili sono se il Pd sceglierà di allearsi con il Terzo Polo e Casini.

Nel suo partito non tutti la pensano così.

Ammesso che i fautori di un Pd socialdemocratico siano così tanti, del fatto che esso è nato per essere distinto e distante dall’esperienza della socialdemocrazia europea, se ne faranno una ragione.

La foto di Vasto, quindi, è stata archiviata?

Se ci sono altri partiti con cui condividere valori e programmi, non si vede perché porre dei veti. Tuttavia, l’alleanza di cui ho parlato è l’unica che possa rappresentare il fulcro di un progetto in grado di dare credibilità al futuro politico del Paese. E di evitare il ripetersi degli errori della seconda Repubblica, quali l’ossessione secondo la quale per votare bisognava credere in qualcuno e che quel qualcuno avesse sempre un nemico da abbattere.



Quindi, i contenuti attorno a cui costruire l’alleanza quali sarebbero?

Dobbiamo valorizzare il patrimonio pubblico o alienarlo, emettendo obbligazioni che possano ridurre di almeno un centinaio di miliardi di euro il debito pubblico; varare un piano di liberalizzazioni vere, sul fronte delle ferrovie, degli aeroporti, del settore energetico e delle tv; snellire lo Stato, a partire dagli enti inutili; ridurre del 50% i finanziamenti ai partiti, perché chi fa politica non possa viverne, ma abbia un proprio lavoro; rivedere il carico fiscale, sgravando le famiglie e le piccole e medie imprese per far ripartire il lavoro e aumentandolo per i patrimoni immobiliari e per le rendite finanziarie non produttive.

E i valori?

La centralità della persona, la preminenza della persona e della dignità del lavoro sull’economia, la solidarietà, la sussidiarietà e la giustizia sociale.

Crede che Romano Prodi possa avere un ruolo in tutto ciò?

Senza dubbio ha caratterizzato intrinsecamente la storia del centrosinistra italiano, di cui ha avuto un ruolo fondante; e, come tutti i fondatori, lascia un solco importante. Credo, tuttavia, che fare previsioni sul futuro politico delle persone faccia parte di quella cultura che centra la politica sulla necessità di credere in qualcuno invece che in qualcosa; quel qualcuno, in genere, che è stato più bravo a promettere qualcosa in cambio.

Sottraiamolo, quindi, ai ruoli politici “attivi” e al mercato della politica; quante chance potrebbe avere, invece, come candidato al Quirinale?

Rappresenterebbe, indubbiamente, un patrimonio per il Paese e lui, come tanti altri, avrebbe le caratteristiche adatte. Sarà compito del nuovo Parlamento, in ogni caso, decidere. 

 

(Paolo Nessi)