La notizia delle perquisizioni dei Carabinieri e delle Fiamme Gialle nel quartier generale leghista di via Bellerio a Milano arriva di primo mattino. Al centro di tutto la figura già discussa in questi mesi del tesoriere della Lega Nord, Francesco Belsito. «Faccia un passo indietro», iniziano a dichiarare all’unisono gli esponenti del Carroccio. In prima fila l’ex ministro dell’Interno, Roberto Maroni, all’Università Cattolica per un incontro.
Con il passare delle ore la posizione di Belsito però si complica, sotto la lente di ingrandimento degli inquirenti ci sarebbe anche la sua attività di sottosegretario. La lista dei reati contestati intanto si allunga. Poi il colpo di scena. Nel decreto di perquisizione i pm parlano addirittura di «esborsi in contanti, con assegni circolari o attraverso contratti simulati per esigenze personali di familiari del leader della Lega Nord».
I giornalisti, fuori dalla sede della Lega, intanto, continuano ad attendere una dichiarazione. Bossi è dentro, ma in pochi hanno voglia di parlare.
«Qui l’aria è pesante – racconta Stefano Zurlo a IlSussidiario.net, da via Bellerio –. L’inchiesta coinvolge ben tre procure, anche se il cuore della vicenda sembra proprio Milano. Si parla di assegni falsi, truffe, appropriazioni indebite e addirittura rapporti mediati con la ‘ndrangheta. Se poi venisse confermata la voce che parla di utilizzo improprio di fondi del partito e rimborsi elettorali significherebbe tradimento degli elettori e dei militanti, nonché un gravissimo vulnus alla figura di Bossi, alla sua famiglia e al suo entourage».
Tra gli ascoltatori di Radio Padania in molti parlano della coincidenza delle elezioni amministrative? «La vicenda è talmente seria e complessa che questa volta è difficile gridare al complotto. Si parla di una documentazione imponente, non stiamo parlando della “classica” mazzetta. L’immagine di una Lega dura e pura rischia di uscire davvero a pezzi. Anche se ovviamente è ancora tutto da verificare ed è presto per emanare delle sentenze».
Dal punto di vista politico, come vanno lette le dichiarazioni di queste ore, alla luce dell’antica lotta tra Maroni e il cerchio magico che circonda il Capo? «Non è un caso che a parlare siano solo i maroniani, la corrente che da tempo aveva chiesto l’allontanamento del tesoriere e che sta combattendo per una battaglia di rinnovamento. Salvini, Fontana, sindaco di Varese, e lo stesso Maroni hanno infatti invitato alla cautela, hanno lasciato intendere che potrebbe essere una persecuzione, ma allo stesso tempo hanno detto che vogliono assolutamente trasparenza e vogliono sapere di chi sono le responsabilità, nessuno escluso.
Non solo, Maroni non si è presentato in via Bellerio, anche se era a non più di venti minuti da qui. Anche questo fa riflettere. I bossiani hanno scelto di non parlare e questa volta anche Calderoli è in difficoltà. Belsito era un suo sottosegretario.
Certo, se dovesse aprirsi una resa dei conti tra le due leghe, gli esiti non sono immaginabili. Potrebbe essere difficile evitare l’implosione del partito. Qualcuno pensa addirittura che in questa vicenda la soffiata potrebbe essere arrivata da un insider…».