Sobria soddisfazione. Con queste due parole i media hanno descritto il sentimento che Mario Monti ha lasciato trapelare al termine del suo “road show” in Estremo Oriente, che lo ha portato in Corea del Sud, Giappone e Cina. Il Presidente del Consiglio è stato accolto infatti come un capo di stato e ha ricevuto l’apprezzamento e l’incoraggiamento dei suoi interlocutori. Non tutte le perplessità sull’Italia però sono state dissipate, come spiega a IlSussidiario.net Francesco Sisci, commentatore de Il Sole 24 Ore.
«Il bilancio del viaggio è sicuramente positivo – ci racconta Sisci da Pechino –. Monti non è venuto infatti a vendere o a comprare qualcosa, ma a proiettare un’immagine nuova dell’Italia, quella cioè di un Paese che si sta mettendo in una diversa direzione di marcia e che sta uscendo dal tunnel. Lo ha fatto snocciolando numeri e cifre, ma anche presentando se stesso: uno stimato professore di Economia, serio e affidabile, mai sopra le righe».
La Cina era la tappa più attesa di questo tour?
Senza alcun dubbio. I cinesi hanno dimostrato un reale interesse strategico nei confronti dell’Italia. La Cina teme un crollo dell’Euro. Sa che potrebbe scatenare una nuova crisi economico-finanziaria globale ed è cosciente del fatto che l’anello debole della catena è proprio l’Italia. La Cina vuole fare la sua parte per evitarlo, sia per un interesse oggettivo, che per una soggettiva simpatia per il nostro Paese e per la sua storia e per la sua cultura. Importantissima in questo senso la visita di Monti alla scuola centrale del partito. Ovviamente, non stiamo parlando di interessi gratuiti.
Cosa intende dire?
Il progetto più interessante che è stato avviato in questo incontro riguarda l’ambiente, il problema dei problemi per la Cina, sia per il suo altissimo inquinamento, sia per il tema del risparmio energetico, uno dei colli di bottiglia della crescita cinese.
Di cosa si tratta più precisamente?
È presto per dirlo, ma gli accenni espliciti del premier all’“economia verde” lasciano intendere che qualcosa si sta muovendo. D’altra parte, l’esperienza di Corrado Clini, prima come direttore generale e poi come ministro dell’Ambiente, e ciò che ha fatto sul versante cinese negli ultimi dieci anni, sono una garanzia.
Detto questo, la Cina non ha nascosto alcune preoccupazioni.
Quali?
Il problema più avvertito nei nostri confronti è quello della continuità politica. L’incapacità cioè del nostro sistema di fare riforme strutturali che mettano in sicurezza il bilancio dello stato. Da parte sua però, Monti continua a ripetere che nel 2013 tornerà a fare il professore universitario. E quindi inevitabile che all’estero si chiedano, con qualche timore, chi prenderà il suo posto e, soprattutto, cosa farà…
Durante il viaggio del premier in Italia i giornali hanno parlato molto del nuovo scontro che si è consumato tra Monti e i partiti. Anche in Cina sono arrivati gli echi di questa polemica?
Il dettaglio della cronaca politica italiana qui non si coglie, anche se la tensione è evidente. Quello che forse in Italia non si capisce è che se il Presidente del Consiglio dice che «il montismo non esiste» probabilmente tranquillizza i partiti italiani, ma allarma i Paesi esteri. E penso che anche lo spread ne risenta.
Cosa intende dire?
Sono convinto che se Monti potesse dichiarare che andrà via solo quando la situazione sarà davvero sotto controllo lo spread crollerebbe. Invece, da un lato è costretto a spiegare ai suoi interlocutori esteri che le riforme hanno bisogno di tempo, dall’altro chi lo ascolta sa benissimo che il suo tempo sta finendo.
Il risultato finale è un grande punto di domanda e anche un po’ di rammarico. D’altra parte non mancano sponsor internazionali al Professore. Obama, ad esempio, è uno di quelli che lo ha voluto e lo ha pubblicamente lodato alla conferenza sulla sicurezza nucleare. Un gesto che ci toglie di dosso l’immagine di un Paese con il cappello in mano e ci riporta nel rango dei paesi che contano.
(Carlo Melato)