La tempesta giudiziaria sulla Lega nord rischia di sconvolgere la mappa politica italiana. Dopo le dimissioni di Umberto Bossi da segretario, resta ancora tutto da disegnare l’assetto politico del Carroccio e la sua alleanza con il Popolo della Libertà è quanto mai in discussione. Ieri si è tenuto un vertice nella sede della Lega in via Bellerio cui hanno partecipato Umberto Bossi, Roberto Castelli, Francesco Speroni e Giancarlo Giorgetti. Non si sono invece presentati gli esponenti del triunvirato che dovrà guidare la Lega fino al congresso federale, cioè Roberto Maroni, Roberto Calderoli e Manuela Dal Lago. Ilsussidiario.net ha intervistato Roberto D’Alimonte, professore ordinario di scienza della politica all’Università Luiss.



D’Alimonte, quale può essere l’effetto dell’inchiesta sulla Lega per quanto riguarda la sua futura alleanza con il Popolo della Libertà?

Il congresso federale della Lega nord è stato fissato per ottobre, e soltanto in quella sede sarà sciolto il nodo della segreteria e quindi della leadership della Lega. Non si potrà parlare della nuova strategia politica della Lega prima dell’elezione di un nuovo leader o dell’eventuale riconferma di Bossi. Nel frattempo il Carroccio rimarrà in opposizione al governo Monti e separato dal Pdl. Poi a ottobre si vedrà se in vista delle elezioni del 2013 la Lega sceglierà di rimanere sempre da sola o di tornare in un’alleanza all’interno del centrodestra.



Secondo lei che cosa succederà dopo il congresso federale?

Non escludo delle grosse novità, anche in funzione di una riforma elettorale. Se si introdurrà un sistema proporzionale, la Lega non dovrà scegliere alleanze prima del voto. Con il sistema attuale si porrà invece il problema di scegliere se andare da sola o compiere un’alleanza prima del voto.

In una prospettiva di medio-lungo termine quale sarà invece la strategia della Lega?

Potremmo assistere a un partito che, soprattutto se dovesse avere Maroni come leader, potrebbe diventare una Lega “catalana”, cioè più libera di stringere accordi anche al di fuori del centrodestra. Diversa quindi dalla Lega nord di Bossi che, soprattutto a partire dal 2000 è sempre stata molto vicina al Pdl e priva di una strategia politica alternativa.



Che cosa intende dire quando afferma che sarà una Lega “catalana”?

Intendo dire che sarà un partito molto simile a quello catalano di Convergenza e Unione, che per fare gli interessi della Catalogna non ha esitato e non esita ad allearsi con la destra o con la sinistra, con i Popolari o con i Socialisti a seconda di chi vinca le elezioni politiche nazionali e farsi pagare le rispettive alleanze con delle politiche a favore della Catalogna. Mi aspetto quindi una Lega nord più mobile e meno ingessata. Questa prospettiva potrà concretizzarsi a condizione che Maroni diventi segretario e rafforzi la sua leadership.

 

Il Maroni quattro volte ministro del governo Berlusconi sarà quindi il “rottamatore” dell’alleanza Lega-Pdl?

 

Quella di Maroni non sarà una rottura, ma la costruzione di un rapporto diverso, molto più contrattuale e non necessariamente ostile con il Pdl. Si tratterà di fare capire ad Angelino Alfano che la Lega sarà disposta a fare alleanze anche con altri, se il Pdl non concederà ciò che gli sarà richiesto.

 

Che cosa accadrà invece se l’inchiesta sui familiari di Bossi dovesse portare al disfacimento della Lega?

 

La crisi della Lega nord favorirebbe un’ulteriore dissoluzione che sta già attraversando l’attuale tessuto politico e sociale dell’Italia. Sarebbe un altro segno che aggraverebbe la sfiducia dei cittadini. Il disfacimento del tessuto politico e sociale è legato infatti al fenomeno ben noto della gravissima crisi di fiducia nei confronti dei partiti.

 

Qual è stato il contributo che dalla sua nascita la Lega ha saputo dare alla coesione sociale dell’Italia?

 

Io non ho parlato di coesione sociale, la Lega ha rappresentato degli interessi che altri partiti a cominciare dalla Democrazia cristiana non hanno mai difeso adeguatamente. Mi riferisco agli interessi degli operai, dei piccoli e medi imprenditori e degli artigiani, insomma di una parte consistente del Paese.

 

(Pietro Vernizzi)