Il crollo della Lega, le dimissioni di Umberto Bossi dal ruolo di Segretario Federale del Carroccio, inimmaginabili fino a poche settimane fa, e il prevedibile passo indietro del figlio Renzo, riaprono il dibattito sui partiti. La credibilità delle forze che siedono in Parlamento è infatti ai minimi storici, già minata dal commissariamento tecnico operato da Mario Monti e dagli scandali finanziari che stanno coinvolgendo i vari tesorieri di partito, da Lusi (Margherita) a Belsito (Lega Nord). E così, i partiti della maggioranza iniziano a parlare di una riforma in tempi brevi. «Non ci credo molto – dice Massimo Cacciari a IlSussidiario.net –, vedo ancora parecchia ipocrisia e un sistema ormai consolidato e affamato di soldi. Se ci fosse la volontà politica, comunque, il problema si potrebbe risolvere in pochi minuti».
Quali sono secondo lei le priorità?
Iniziamo col dire che la Costituzione assegna di fatto un ruolo importantissimo ai partiti nella formazione dell’opinione pubblica, ma non li norma in nessun modo. Non possiamo che partire da questa mancanza, piuttosto assurda, mettendo mano alla Carta Costituzionale e formulando un articolo che stabilisca che i partiti devono dare garanzie di trasparenza, controllo e democrazia interna. Dopodiché, se solo i partiti fossero animati da un primitivo istinto di sopravvivenza, provvederebbero a regolare il proprio finanziamento.
In che modo?
A mio avviso andrebbe permesso un finanziamento volontario, personale e trasparente. Chiunque, se lo desidera, deve essere libero di finanziare chi vuole, basta che si sappia, come avviene in America. Era noto, infatti, che i petrolieri sostenevano Bush e che il Presidente ne era ovviamente condizionato. La democrazia funziona in questo modo, che piaccia o no.
Potrebbe bastare un finanziamento di questo tipo?
No, aggiungerei un contributo simile all’8 per mille, che molto fedeli destinano alla Chiesa Cattolica, e un contributo statale in occasione delle elezioni. Un euro a ogni voto preso, non di più, e solo a chi supera lo sbarramento, così si disincentivano anche i finti partiti e le liste inutili create ad arte.
Se poi i partiti necessitano di fondi maggiori organizzino pure tutte le feste che vogliono e chiedano un contributo ai propri onorevoli, esattamente come accadeva quando io ero un deputato del Partito Comunista.
Ci spieghi meglio.
Guardi, è molto semplice. Il Pci si teneva metà del nostro stipendio e questo riguardava tutti: parlamentari, senatori, ma anche consiglieri regionali e comunali. La ritengo una pratica sacrosanta e non capisco perché non venga più fatto.
Crede che questa potrebbe essere la volta buona?
Come le dicevo, sono piuttosto scettico. Vedo che c’è ancora un’auri sacra fames…
Quanto sta emergendo dalle inchieste l’ha comunque stupita?
Assolutamente no. La crisi della Lega Nord era segnata: la caduta di Berlusconi e il fallimento del progetto politico leghista, annunciati dalla sconfitta di Milano non lasciavano dubbi. Se parliamo invece delle modalità con cui questo è avvenuto devo dire che ci troviamo di fronte a un “dramma” tutto italiano.
Cosa intende dire?
In questo Paese, purtroppo, le crisi di regime e i cambiamenti politici avvengono per mano giudiziaria. È accaduto con la Prima Repubblica e lo stesso sta avvenendo con la Seconda. D’altronde, il sistema politico è un delicato equilibrio a vasi comunicanti e quando un potere collassa, un altro lo sostituisce. Le modalità rimangono comunque inappropriate, per dichiarare fallito un progetto politico non dovrebbero servire strumenti giudiziari…
(Carlo Melato)