L’avviso di garanzia è arrivato oggi in via Bellerio. Umberto Bossi è indagato dalla Procura di Milano per una truffa ai danni dello Stato del valore di 18 milioni di euro, in concorso con Francesco Belsito, l’ex tesoriere al centro dell’attenzione mediatica di questi ultimi mesi. Le indagini si stanno concentrando anche sulle spese personali dei figli del Senatùr: Renzo, detto il Trota, e Riccardo. Una notizia non del tutto inattesa, a soli due giorni dalla rinuncia del fondatore del Carroccio a correre per la segreteria, in favore di Roberto Maroni.
«A questo punto – spiega a IlSussidiario.net, Francesco Jori, giornalista esperto di Lega – possono essere valide due interpretazioni. O Bossi fiutava che sarebbe accaduto qualcosa di simile e ha scelto appena in tempo di fare il “nobile gesto”, oppure questo atto dei pm può prefigurare l’uscita di scena definitiva del fondatore della Lega Nord. D’altra parte, come fa a fare il giudice ultimo sulle espulsioni interne al movimento uno che è imputato?».
Quale delle due ipotesi la convince di più?
Considerando tutto ciò che era uscito nell’ultimo periodo, credo che l’avviso di garanzia fosse un atto dovuto e scontato. Il problema che si pone semmai è un altro ed è quello della responsabilità politica. Ovvero: o Bossi non sapeva nulla di quello che accadeva nel partito e dentro le mura di casa sua, o sapeva e ha chiuso un occhio. Sono entrambe molto negative per la sua immagine, anche se tutti sanno che nel movimento era come Ceausescu: non si muoveva nulla che lui non autorizzasse…
In un contesto di questo tipo la Lega si avvicina ai congressi, con i bossiano molto in difficoltà.
La preponderanza dei maroniani non è in discussione. In Lombardia i giochi sono già chiusi, sia che venga scelto Salvini, sia che passi l’ipotesi Stucchi. In Veneto invece dovrebbe prevalere Flavio Tosi, forte del successo alle amministrative, anche se la sua potrebbe essere una vittoria meno netta. Contro di lui infatti scenderà in campo un candidato valido come Da Re, stimato segretario della Lega di Treviso e sindaco di Vittorio Veneto.
Detto questo, a mio avviso, sarebbe preferibile un po’ di dialettica interna piuttosto che il “pensiero unico”. Il rischio infatti è che dopo la dittatura bossiana si possa instaurare quella di Maroni, che tra l’altro è un colonnello della prima ora più che un rottamatore.
Nell’attesa di rinnovare la propria struttura interna la Lega dovrà affrontare poi il secondo turno delle comunali.