Il primo incontro tra il successore di Nicolas Sarkozy e la cancelliera tedesca Angela Merkel non ha ancora potuto dirci come potrà cambiare l’asse Parigi-Berlino. In Italia, sull’ingresso di Francois Hollande sulla scena internazionale, avevano comunque investito in molti, non solo nel centrosinistra. Ma come cambierà lo scacchiere europeo per il premier italiano, Mario Monti? «Per il nostro Paese si apre senza alcun dubbio uno spazio di gioco molto più ampio – spiega Antonio Polito a IlSussidiario.net –. Prima, infatti, l’Italia doveva confrontarsi con un blocco di due leader che si muovevano all’unisono. Oggi quell’asse è ancora vivo, ma non è più così compatto e rodato».



Che ruolo potrà ritagliarsi il nostro presidente del Consiglio?

Forte del suo passato, Monti potrà proporsi agli occhi della Merkel come colui che può tenere agganciato Hollande al rigore. In cambio potrà chiedere alla Germania di essere più tollerante su quelle deroghe alla disciplina fiscale che possono stimolare la crescita. Non è un mistero infatti che Monti voglia la golden rule, la possibilità cioè di sottrarre gli investimenti produttivi dal conto del deficit e un’autorizzazione a rimborsare i debiti della Pubblica amministrazione ai propri fornitori senza che questo venga iscritto al deficit pubblico. 



Un gioco di sponda da tentare, comunque da un gradino più basso?

Certamente, osare di più sarebbe velleitario. L’Europa, infatti, ha nel suo cuore una solidissima alleanza franco-tedesca basata su ragioni storiche e geografiche. Sono due paesi che si sono combattuti nel corso di tre sanguinosissime guerre e sulla cui pace irreversibile si è basata l’idea stessa della comunità europea. Oggi sono due giganti, uno dal punto di vista economico, l’altro, anche se appannato, da quello politico. L’Italia non deve tentare di soffiare il posto a nessuno. Il suo compito è quello di fare da collante con i paesi più piccoli e periferici.



Gli insuccessi elettorali della Merkel non influiscono su questo quadro di rapporti?

Direi di no, anche perché in Germania non c’è una maggioranza di tedeschi favorevole a diventare più indulgente con il debito greco o con quello italiano e spagnolo. Non vogliono cioè che i loro soldi coprano i vizi altrui.
Piuttosto quella sconfitta testimonia una crescente insofferenza per l’austerità interna cui è sottoposta la Germania. E se si dovesse innescare una dinamica più rilassata e inflattiva, nonostante la terribile paura dell’inflazione da parte dei tedeschi, potrebbe essere un vantaggio per tutti. La crescita dei consumi e l’inflazione in Germania potrebbero infatti rendere più competitivi i nostri prodotti, in una sorta di riequilibrio tra centro e periferia.

Sul piano interno, Mario Monti ha la forza secondo lei di dare avvio realmente alla “fase due”, quella della crescita?

Dal punto di vista macroeconomico, purtroppo, la situazione italiana è tra le più gravi a livello europeo. La Francia è ferma, la Germania cresce più del previsto, mentre l’Italia ha visto tre trimestri consecutivi di Pil negativo. Il che determina una situazione sociale molto pesante, che pesa sul governo anche in termini di consenso. 
D’altra parte, i tecnici erano visti dagli italiani come la medicina amara che ci avrebbe salvato. Oggi, non possiamo ancora dirci salvi, ma soprattutto abbiamo davanti a noi una recessione che si annuncia lunga e pesante.  
Questo è il problema principale che si trova davanti Monti, anche perché la crescita non può essere prodotta per legge. 

Il governo, dopo il voto, non sembra più poter contare sul sostegno convinto dei partiti del trio Abc.

Quel tipo di “alleanza” è finito con le elezioni amministrative. Tutti e tre i partecipanti sono usciti delusi, sia il Pdl, reduce da una sconfitta impressionante, sia l’Udc, che ha perso la prospettiva politica del Terzo polo, sia il Pd, che pur resistendo si è accorto che la competizione a sinistra è sempre più forte. 
Per questo le principali forze politiche stanno togliendo la faccia dall’appoggio al governo, anche se non cadrà, per la mancanza di alternative e per la paura di un “disastro greco”. 

Se il tempo dei vertici Abc è finito cosa si prepara per il futuro? 

A mio avviso si passerà dalla “strana maggioranza” a due piccole coalizioni: Alfano-Casini-Maroni da un lato e Bersani-Di Pietro-Vendola dall’altro.

Una specie di riedizione della Casa delle Libertà contro la foto di Vasto?

Sì, anche se evidentemente non si tratta di una scelta consapevole, ma della presa di coscienza di una sconfitta. 
I partiti infatti avevano creduto che la parentesi Monti avrebbe permesso loro di rifarsi un’immagine, di riformare la politica e le istituzioni per poi poter presentare con successo l’inizio della Terza Repubblica. Il piano è fallito, di conseguenza non resta che tirar fuori dal cassetto quelle vecchie coalizioni che possono solo certificare il fallimento della Seconda.

(Carlo Melato)