La videoconferenza di ieri sera, che preparava il G8 di venerdì, negli Stati Uniti, ha fatto dialogare il premier Mario Monti con la cancelliera tedesca Angela Merkel, il premier britannico David Cameron, il presidente del Consiglio europeo Herman Van Rompuy e il neoeletto presidente francese Francois Hollande. Pedine di una scacchiera in rapido mutamento. «Il quadro politico europeo sta cambiando – spiega a IlSussidiario.net Paolo Franchi, editorialista del Corriere della Sera –. La vittoria di Hollande in Francia non è infatti l’unica novità. Il legame che si è stabilito tra i socialisti francesi e l’Spd è molto interessante, tenendo presente che nell’autunno 2013 la Germania andrà al voto e la Merkel, a giudicare dalle recenti tornate elettorali, non sembra poi così imbattibile».



Un contesto che potrebbe favorire il nostro presidente del Consiglio?

Le difficoltà della Merkel potrebbero aprire degli spazi invitanti per rilanciare gli investimenti e per allargare le strette maglie del rigore. Tenendo sempre presente che la posizione di Monti sul debito e sulla crescita non è propriamente quella di Hollande e che lo stesso  presidente francese deve ancora dimostrare di mantenere la linea esposta in campagna elettorale.
Oltre ai vantaggi però non possiamo dimenticare le difficoltà che il nostro governo si trova davanti in questa situazione.



A cosa si riferisce?

A differenza di Francia e Germania, la nostra situazione economica è molto più grave. Non solo, a tutto questo si accompagna una crisi politica che ha caratteristiche di sistema ed è forse addirittura più vistosa rispetto a quella del ’92-’94.
Ieri, ad esempio, sono stato a Montecitorio dopo molto tempo e ho avuto la netta percezione di passeggiare tra “naufraghi impazziti” che non conoscono il proprio destino. Una sensazione peggiore di quella che provai all’epoca del “Parlamento degli inquisiti”, quando con Tangentopoli un’intera classe politica subì una “decapitazione” sul campo.



In che modo questa situazione può ostacolare il governo?

Al di là di quello che si sente dire a volte, il problema di Monti non è lo strapotere dei partiti, ma il fatto che questi ormai non contano e non controllano più nulla. Il problema quindi è di segno opposto, ma allo stesso modo è molto grave, anche perché le forze politiche non riescono più a fare da canale di comunicazione tra il Palazzo e il paese reale.
E quando il terreno è così friabile può davvero succedere di tutto. In questo senso il confronto con il sistema politico francese è impietoso.

Cosa intende dire?

Da anni i politologi e i costituzionalisti francesi denunciano le crepe profonde del proprio sistema, eppure le ultime elezioni hanno dimostrato l’ottimo stato di salute delle istituzioni, delle forze politiche e della partecipazione popolare di quel Paese.
Chi è stato in Francia e ha visto le manifestazioni dei vincitori e degli sconfitti, tra l’altro piene di ventenni, non ha potuto infatti non percepire un clima radicalmente diverso a quello italiano.
Il fatto è che dei due paesi “iperpolitici” d’Europa, Francia e Italia, il primo è riuscito a mantenere la sua peculiarità, mentre il secondo è diventato l’opposto di ciò che era anni fa.  

La crisi della politica italiana che sta descrivendo secondo lei è ancora più grave alla luce del risultato del primo turno delle elezioni amministrative?  

Vede, quest’ultima tornata ci ha svelato in modo clamoroso quello che già avremmo dovuto sapere. Da un lato, infatti, il centrodestra attraversa una fase di frammentazione e disgregazione inedita, ma prevedibile, con o senza Berlusconi. Al centro, il Terzo Polo non si è mosso di un passo e ha dimostrato di non esistere in natura, almeno in queste forme. Se poi ci fermiamo un secondo a riflettere, al di là dei luoghi comuni sulle “battaglie che si vincono al centro”, da che mondo è mondo, quando si aprono crisi così pesanti che travolgono i ceti intermedi, non si può pensare che i cittadini siano indotti al moderatismo, semmai a forme inedite di radicalizzazione.

Così infatti è stato. 
Esatto. Non confondiamo però il sintomo con la malattia. Beppe Grillo, infatti, è riuscito a intercettare una protesta presente nella società che, per il momento, si gioca ancora sul terreno democratico. 
Il sintomo quindi è evidente, basta vedere i risultati, la malattia però consiste in un sistema politico che ha perso la propria architrave, il berlusconismo (e l’antiberlusconismo, il suo contrario), e che oggi rischia di franare.  Se poi, come sembra, la nostra classe politica si presenterà alla scadenza della legislatura senza aver saputo fare nemmeno una riforma, nemmeno quella della legge elettorale, diventa difficile fare previsioni.

Alla luce di tutto ciò come va letto il risultato del Pd?

Davanti alla devastazione in atto nel campo avversario, un risultato mediocre può sembrare buono anche se non lo è. Detto questo, Bersani proverà con ogni probabilità a seguire la scia di Hollande, la “forza tranquilla” che in Francia riceveva critiche molto simili a quelle che da anni vengono rivolte al leader dei democratici. 
Anche perché a livello europeo, come abbiamo detto all’inizio, sono i partiti socialisti quelli che si stanno rimettendo in moto e che stanno dimostrando di poter raccogliere anche i voti della sinistra radicale. Un dato inatteso, visto che proprio a partire dalla crisi di questi partiti sono nate forze come il Partito Democratico. 

In un quadro politico profondamente in crisi, quindi, il centrosinistra è lo schieramento che può coltivare le sue ambizioni di governo?

Se vivessimo tempi “normali” potremmo dire che lo schieramento di centrosinistra ha un piccolo vantaggio competitivo sui suoi avversari. L’incertezza di questa fase storica però non ci permette di fare previsioni politiche, anche se di sicuro rende il cammino dei tecnici più accidentato. 
Staremo a vedere. Ciò che accadrà in Grecia o in Spagna infatti potrebbe cambiare la nostra vita. E forse, per la prima volta, la nostra classe politica si troverà davanti a prove che non ha mai dovuto affrontare.

(Carlo Melato)