Dovrebbe fare meno danni della scossa che si è sentita in gennaio, ma il terremoto politico che potrebbe colpire Parma lunedì, con i risultati del secondo turno delle amministrative, potrebbe far tremare la terra dalla vicina Bologna fino a Roma.
Nel capoluogo emiliano, infatti, sta per svolgersi un ballottaggio inedito: da un lato il candidato del centrosinistra, Vincenzo Bernazzoli (39,20% al primo turno), dall’altro Federico Pizzarotti del Movimento 5 Stelle (19,47%). Il fatto è che, come ha rivelato Libero, i sondaggi danno il grillino in vantaggio, addirittura con il 53%. Un dato che sta producendo reazioni a catena molto interessanti.
«L’elettorato pidiellino ha già scelto. Andrà in larga parte a votare Pizzarotti» ci spiega un dirigente locale di quel mondo civico che, diviso in due liste, è arrivato dietro il candidato del Movimento 5 Stelle (unito avrebbe raccolto il 26%). «E questo non perché ci sia un accordo con Beppe Grillo, che tra l’altro avrebbe solo da perderci, ma per la fusione di un sentimento popolare un po’ snob (della serie «mandiamoli tutti a casa») con un ragionamento del partito piuttosto macchiavellico («mettiamo alla prova gli ultimi arrivati, se falliscono fra un anno ci riproviamo noi»). Pensare che le segreterie possano ancora influire sulle scelte dei propri elettori è un’illusione da “vecchia politica”, ormai l’hanno capito tutti. Ma la base ci è arrivata da sola: se il centrosinistra dovesse tornare al governo della città potrebbe consolidare un sistema di potere potenzialmente eterno che va dall’oligarchia rossa emiliana, ai sindacati, dalle cooperative a Confindustria e non solo…».
E così se gli avversari di Bernazzoli, che proprio qui hanno ottenuto un risultato catastrofico (il Pdl con Paolo Buzzi, già vicesindaco della disastrata giunta di Pietro Vignali, è arrivato addirittura sesto con il 4,79%), sembrano aver ritrovato la voglia di andare a votare, nel centrosinistra, oltre al nervosismo, si è messa in moto una mobilitazione d’altri tempi per evitare la sconfitta contro la cosiddetta “antipolitica”.
Pier Luigi Bersani ha deciso di non presenziare («in questa fase gli uomini di partito fanno perdere voti», dicono i più informati): meglio giocare la carta Pisapia (secondo i maligni a disagio davanti a una platea di 200 pensionati “cammellati” dalla Cgil) e quella del comico Gene Gnocchi (già consigliere comunale pidiessino a Fidenza), per sfidare Grillo sul suo campo.
«Noi saremo anche nervosi, ma siete sicuri che i grillini abbiano davvero voglia di governare questa città?» ci chiede un dirigente democratico alle prese con gli ultimi scampoli di campagna elettorale. «A Parma, comune di 180.000 abitanti, il centrodestra ha lasciato un debito di 630 milioni di euro. 



Non a caso, per metterci una pezza era stata inviata qui come commissario quella Anna Maria Cancellieri che poi sarebbe finita a fare il ministro dell’Interno nel governo Monti. Ci vorranno diverse generazioni per ripianare quel buco. E se manca un minimo di esperienza di governo, qui il flop è assicurato…».
Sarà, anche se in città girano voci di lunghe file in comune per ritirare i certificati elettorale nuovi, visto che al primo turno più di un parmigiano li aveva fatti finire nel camino. E proprio il dato sull’affluenza, già domenica sera, potrebbe dirci come andrà a finire. 
«Se sarà alto – ci spiega un militante a 5 Stelle – vorrà dire che gli elettori di centrodestra non avranno dato retta a chi, anche tra di loro, punta a difendere l’Impero, chiudendosi nel “fortino dei partiti”, come se fossimo i nuovi barbari. E forse, al di là delle convinzioni politiche, significherà che i parmigiani, anche se profondamente delusi dal Popolo della Libertà, non hanno nostalgia degli anni in cui la sinistra prendeva tutte le decisioni più importanti sul futuro di questa città da Roma, da Bologna o da Reggio Emilia…».

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