Parma è una città strana: borghese e radicale, conservatrice e capace di fiammate improvvise, una città di salotti e (ogni tanto) barricate. Nemmeno oggi si è smentita. Ha vinto Federico Pizzarotti, il “grillino”, l’antipolitica, il “salto nel buio”. È lui il nuovo sindaco della mia città.

Nemmeno il partito, con la sua organizzazione capillare, le sue cinghie di trasmissione sindacali e cooperative e una serie di inediti appoggi esterni è riuscito ad arginare la marea montante. La città non si è accontentata di voltare pagina: ha gettato il libro dalla finestra e si è comprata un Ipad. Funzionerà? Vedremo.

La ribelle Parma non è nuova a scherzi di questo tipo: nel 1998 Elvio Ubaldi sbaragliò il centrosinistra (sulla carta maggioritario) inaugurando la lunga stagione dell’anomalia civica parmigiana. Questa volta invece è rimasto al palo pure lui. Ma la vera Caporetto è stata ovviamente quella del centrosinistra a cui era stato servito un rigore a porta vuota dopo il crollo dell’Amministrazione precedente, gli scandali, il debito, gli appoggi di tutti i mondi “che contano” e dei personaggi influenti della città, un fronte avverso civico-moderato diviso e, a tratti, litigioso. Vincenzo Bernazzoli è un politico serio e preparato, ma è, appunto, un politico e non è riuscito ad accreditarsi come uomo del cambiamento, anzi ha ottenuto l’effetto esattamente contrario.

In questi giorni, più i politici, le lobby, gli opinion maker, lanciavano allarmi contro i “barbari alle porte”, più i loro appelli suonavano come una strenua e inutile difesa del fortino dei partiti, degli interessi consolidati, del “vecchio”. La storia insegna che quando gli imperi vacillano sotto la spinta dei barbari è probabilmente perché quegli stessi imperi non hanno più né motivo, né forza per stare in piedi. Gli imperi cadono, in genere, quando non c’è più niente da salvare. 

Molti parmigiani (e io con loro) devono aver pensato che oggi ci fosse ben poco da salvare in un sistema dei partiti che si è dimostrato in gran parte incapace di prendere le decisioni necessarie al Paese quando era il tempo di farlo e di dare una prova di maggiore compostezza e cura dell’interesse generale quando si è trovata di sostenere le scelte dei tecnici chiamati a compiere il “lavoro sporco” che la politica non ha avuto il coraggio di fare.

Come tanti 30-40enni parmigiani, appartengo a una generazione cresciuta politicamente all’interno dell’esperienza civica che ha caratterizzato con luci, ombre, grandi risultati e altrettanto grandi errori, gli ultimi 15 anni della vita della nostra città, fino all’epilogo che tutti conosciamo (i debiti, le vicende giudiziarie, il commissariamento). Anni in un qualche modo “rivoluzionari” in cui Parma ha cambiato volto e si è faticosamente conquistata una sua autonomia. Come tanti parmigiani vi ho riposto speranza e passione. Anche in queste elezioni amministrative ho ritenuto che un ritorno alle origini di quel civismo fosse la risposta giusta alla crisi che la città attraversa. Gran parte dei miei concittadini non l’ha pensata come me, bocciando la proposta civica già al primo turno e scegliendo invece di dare una chance al vento di cambiamento interpretato dai grillini.

Ora, non sto a sottolineare la distanza culturale e politica tra me e loro: non ne apprezzo il populismo, la demagogia e i tanti luoghi comuni che mi pare ne affollino l’immaginario. Ma, c’è un “ma”: ai cambiamenti ci si oppone se c’è qualcosa di meglio da salvare. Difficile trovarlo in quello che è diventato in generale il sistema dei partiti e nella strenua difesa dei suoi privilegi ed era, a mio giudizio, difficile trovarlo anche nella saldatura di poteri politici, economici e altro ancora, che questo centrosinistra avrebbe portato nella mia città.

Parma è stata per un quindicennio un’anomalia nel sistema di potere emiliano del “partito totale”. Trovo che il perdurare di questa anomalia, anche in forme radicalmente diverse dal passato, sia preferibile alla sua normalizzazione. Trovo che, se la città ha scelto la strada del cambiamento, a chi lo interpreta vada data la chance di dimostrare quanto vale. Trovo che si stia aprendo una fase nuova e, quando succede, chiunque voglia esserne partecipe debba farlo con modalità, regole, obiettivi del tutto nuovi.

In un suo profetico libro del 2006 (I barbari, saggio sulla mutazione) Alessandro Baricco scriveva parole che sembrano perfettamente tagliate per descrivere quel che sta accadendo oggi: “Potrebbe essere, me ne rendo conto, il normale duello fra generazioni, i vecchi che resistono all’invasione dei più giovani, il potere costituito che difende le sue posizioni accusando le forze emergenti di barbarie, e tutte quelle cose che sono sempre successe e abbiamo visto mille volte. Ma questa volta sembra diverso. È così profondo, il duello, da sembrare diverso. Di solito si lotta per controllare i nodi strategici della mappa. Ma qui, più radicalmente, sembra che gli aggressori facciano qualcosa di molto più profondo: stanno cambiando la mappa”.

Oggi non mi sembra che questo sia un male. Mi pare invece una sfida interessante per tutti. E, dal momento che anche nei partiti (in tutti i partiti) a Parma come altrove c’è tanta gente per bene e con voglia di fare, questa può essere l’occasione per ripartire, rigenerarsi, ricostruire.

Per questo, pur restando distante anni luce dai grillini (e senza nessuna intenzione di saltare sul carro dei vincitori), in questo ballottaggio ho votato per il loro candidato.

(Andrea Ansaloni)