A urne chiuse il risultato, tranne che a Parma, è a favore del centrosinistra. I ballottaggi per le amministrative, in molti capoluoghi di provincia hanno sancito due grandi realtà: l’affluenza in forte calo, con quasi il 52% contro il 65% del primo turno (con punte a Palermo e Genova dove hanno votato poco meno del 40% degli aventi diritto). E la vittoria del centrosinistra in moltissimi comuni, o meglio il crollo del centrodestra che, però, non sempre ha favorito i candidati di Bersani & Co.
Molte le città che hanno lasciato la sponda Pdl, come ad esempio, le roccaforti Lucca, Como e Monza. Emblematico, invece, il caso di Parma che è andata al Movimento Cinque Stelle di Beppe Grillo, con il suo candidato, Federico Pizzarotti, che ha schiacciato il suo avversario di centrosinistra, Vincenzo Bernazzoli. Abbiamo chiesto per IlSussidiario.net un commento a Peppino Caldorola, ex deputato del Pd e già direttore de l’Unità.



Caldarola, pensa che queste amministrative rappresentino una sconfitta del centrodestra, una vittoria del centrosinistra oppure un trionfo dei Grillini?

A mio avviso è una vittoria del centrosinistra, anche se segnala l’irruzione sulla scena politica del movimento di Grillo che segna una clamorosa vittoria a Parma. La sfida in questo comune rappresenta un tonfo per l’elettorato di centrodestra e un’iniziale erosione per quelli del centrosinistra: ancor più significativo il dato di protesta, che molti hanno sommariamente definito anti-politica e che comincia a trovare un soggetto a cui fare riferimento.
A mio parere, la vittoria del Movimento Cinque Stelle a Parma è la prova generale di una riduzione su scala nazionale dei Grillini che tutti i sondaggi danno ormai a doppia cifra. Per questo, è una giornata di vittoria anche per i grillini. 



Lei pensa che il Movimento di Grillo possa rappresentare ciò che la Lega esprimeva agli inizia della sua storia, nei primi anni Novanta?

Sicuramente, dal punto di vista dello “scasso” del sistema esistente. I Grillini sono il sintomo di una crisi di questo sistema politico e di una perdita di capacità di rappresentanza in molte aree del Paese. Considerando il movimento in prospettiva, però, è un po’ presto per dirlo. Mentre la Lega era un partito con una connotazione identitaria molto forte, dei Grillini conosciamo sin troppo bene cosa vogliono combattere, ma non abbiamo ancora chiaro ciò che vogliono rappresentare.
Nei comizi ho sentito dire che intendono rappresentare un’idea di politica dal basso, incentrata su scelte molto imperniate sul concetto ecologista e la sostenibilità ambientale: due concetti molto importanti che ben tratteggiano la fisionomia di un movimento politico.



Però?

Però non è ancora sufficiente. Saranno preziosi i prossimi mesi e ci daranno la possibilità di capire quale ruolo intende svolgere Grillo e il suo partito.

Perchè, il Movimento Cinque Stelle ha più presa al nord che al sud?

Il movimento nasce al nord e Grillo ha dedicato e curato maggiormente le questioni nordiste. Il sud ha una società più attaccata a personalità politiche e, dall’altra parte, non ha percepito nei Grillini un interlocutore attento ai problemi del sud. Ecco, un altro punto di contatto con la Lega: appaiono ambedue all’elettorato meridionale come un movimento distante. Non c’è garanzia, però, che ciò si confermi anche nei prossimi mesi. Il sud riconosce personaggi come Emiliano, Vendola, De Magistris, Orlando e che riescono a raccogliere un elettorato popolare che ruba consensi a Grillo.

Più le personalità che il partito, dunque?

La stagione politica che si sta concludendo è stata quella delle leadership dei partiti personali. E non sarei così sicuro che questo duri anche in futuro. La stessa affermazione di Grillo rimanda a un elettorato disposto a seguire le “bandiere” piuttosto che le grandi personalità poiché i candidati “grillini”, ad esempio, sono tutt’altro che noti.

Passando sulla sponda sinistra, la sconfitta a Parma è particolarmente significativa poiché Bersani, in prima persona, si era molto speso per il suo candidato.

Parma ha una storia locale piuttosto particolare. Non dimentichiamo che le precedenti elezioni erano state vinte dal candidato di centrodestra, ma la sua giunta era entrata in crisi per motivi che hanno a che fare con la materia giudiziaria e sarebbe stato normale aspettarsi una vittoria, anche piuttosto netta, del centrosinistra. Invece non è stato così. Possiamo dire, così come era stato per la Lega agli esordi, la sconfitta di Parma è un segnale: a sinistra si apre una partita nuova con un interlocutore che possiamo considerare irriducibile, cioè che non ha nessuna voglia di dialogare ma che, comunque, si mette sul piano della concorrenza in maniera molto spinta.

A Palermo non è stata, invece, per il centrosinistra una vittoria piena.

Palermo rappresenta il fallimento del “partito delle primarie” che ha espresso un candidato che non è stato riconosciuto da uno dei componenti della coalizione. Quindi cade uno dei concetti fondanti delle primarie: che dividono invece di unire diverse voci all’interno delle coalizioni. Poi, si è fatta largo una proposta politica collegata a una componente del centrosinistra che possiamo definire, giustizialista, alla quale hanno aderito due città del sud, Palermo con Orlando, appunto e Napoli con De Magistris. Mi sembra che quest’area abbia nel Mezzogiorno una presa molto forte che, d’altro canto, costituisce per forza di cose una critica al Pd.

Anche su Genova ci sono state ombre prima del voto.

Il Pd si era presentato, colpevolmente, spaccato su due candidature ed era emerso alla fine un candidato che può richiamare Vendola in Puglia e Pisapia a Milano. Diciamo che Genova, contrariamente al Pd, aveva scelto durante le primarie un candidato più “radical”. Possiamo dire, che in questo caso, il sistema delle primarie ha funzionato. Un’anima, quella più estrema che comunque fa pressione sul nocciolo duro del Pd. Parma, Palermo e Genova rappresentano tre spie per il Partito Democratico.

Queste tre spie scateneranno un dibattito all’interno del Pd?

Se considero ciò che leggo in questi giorni, il dibattito di svolge principalmente sul tema delle primarie che invece di essere considerate una semplice procedura finiscono la maggior parte delle volte per dividere. 

Il tema dovrebbe essere incentrato su come non riesca a raccogliere l’ondata di protesta, come successo a Pavia, e a contenere le spinte più radicali all’interno delle coalizione, come successo oggi a Genova e Palermo. Quindi occorre una ridefinizione della fisionomia del partito: se desidera essere la forza centrale di una coalizione di centrosinistra non può non leggere questi segnali come un invito ad una discussione aperta che finalmente si liberi dello scontro personalistico e diventi un vero e reale dibattito sulla linea politica.

Come ne uscirà Bersani?

Bersani resterà la suo posto perché può, legittimamente, affermare di aver conquistato città che non aveva. Ha confermato risultati egregi in Puglia, ad esempio. Bersani non ha ricevuto nessuno schiaffo, non esce indebolito come leader ma, da queste amministrative, deve sentire il campanello d’allarme su cui deve riflettere.

(Federica Ghizzardi)