I risultati delle ultime amministrative (anche in politica i voti non si contano solo ma si pesano ) hanno sconvolto radicalmente il panorama  politico italiano. Non sappiamo se siamo già alla Terza Repubblica, ma certo il bipolarismo basato su leader dei due schieramenti contrapposti ha chiuso la sua stagione. Il berlusconismo ha avuto meriti e difetti ma certo è qualcosa del passato. Così come la Lega Nord. I partiti del vecchio centro destra sembrano ormai essere abbandonati da elettori profondamente delusi. Nel campo del vecchio centro sinistra, il Pd (“Abbiamo non vinto a Parma” dice Bersani) mostra tutto il suo scarso fascino, visto che prevale quasi solo se i candidati si sono distinti da esso: com’era già accaduto per Pisapia e Vendola, ecco affermarsi i Doria, gli Orlando persino a Cuneo e Belluno vincono sindaci “a dispetto” della segreteria Bersani. Piero Fassino è rimasto il solo sindaco di grande città davvero organico a quel partito.



Poi c’è il fenomeno di Grillo e del suo Movimento 5 stelle. E’ un nuovo soggetto politico che non va trascurato e che forse è sbagliato liquidare subito come “l’antipolitica”. Intanto perché se i cittadini possono tornare alla politica lo fanno attraverso nuove forme (basta guardare i dati dell’affluenza) e poi perché comunque Grillo lancia dei messaggi precisi.



Il primo da non trascurare è quello di promuovere i giovani invece dei vecchi. Questo è un tema strategico per il nostro Paese. Abbiamo una classe dirigente invecchiata, non solo anagraficamente come dimostrano le ultime statistiche. Il tema Italia “non è un Paese per giovani” è quindi un tema forte. Un vecchio slogan del ’68 tedesco recitava così: “Non credete mai a chi ha più di quarant’anni…”. Andrebbe rilanciato oggi. Certo anche il fascismo (”Giovinezza”) e prima di esso il futurismo avevano il mito della forza giovanilistica e tuttavia la giovinezza di un sindaco come Pizzarotti rischia di rappresentare una novità positiva.



Altro tema “grillino” non trascurabile: l’opposizione al potere delle banche, alla grande speculazione finanziaria, a quello che la tradizione cattolica chiamava “l’imperialismo internazionale del denaro”. Beppe Grillo smette di fare il comico ed entra in politica proprio su questi argomenti. Pensate alla sua campagna sul caso Parmalat o la sua partecipazione alle assemblee degli azionisti Telecom… Nel mondo globalizzato in cui la politica è ricattata dallo spread e la Bce ci detta l’agenda politica, un “pregiudizio anti bancario” non è mica poco.

Terzo argomento a favore: l’attenzione ambientalista. Come ha stressato anche papa Benedetto XVI nel suo discorso al Bundestag di Berlino, i temi della sensibilità verde sono importanti per la politica di oggi. E quasi troppo seri perché vengano estremizzati nella polemica ipernostalgica della sinistra alla Vendola. Certo, si può discutere sulla necessità della Tav o degli inceneritori, ma a volte sembra sacrosanto che ci sia qualcuno che pensa alla salute della persona di fronte alle logiche del profitto e all’avidità del turbo-capitalismo.

Ci sono poi aspetti molto criticabili dell’ex comico diventato leader di 5 stelle: il populismo, la demagogia, la violenza verbale e il continuo insulto dell’avversario politico. Come sono discutibili certe fughe anti clericali, di estremizzazione del pensiero radical-borghese; che ce lo fa vedere come l’ultimo esponente di quella cultura radicale di massa, in parte sviluppata dallo stesso Berlusconi negli ultimi vent’anni.

Certo il fenomeno Grillo non può essere liquidato come qualcosa di folcloristico. Semmai appaiono melanconici e un po’ deprimenti i difensori d’ufficio di un passato che non vuol passare.