L’annuncio è arrivato, come ci si attendeva, anche se le reazioni sono molto diverse. La proposta di un presidenzialismo “alla francese” che faccia entrare il sistema politico nella Terza Repubblica, lanciata ieri da Silvio Berlusconi e Angelino Alfano, secondo Rocco Buttiglione (Udc) «non è seria» e favorirebbe la nascita di una «dittatura presidenziale». Per il segretario del Partito Democratico, Pier Luigi Bersani, invece, il problema non consisterebbe negli eventuali «tabù» in materia, ma nell’«insufficienza dei tempi» per realizzare una riforma di questo tipo.
«Per quanto mi riguarda non chiuderei la porta in faccia alla proposta del Popolo della Libertà – dice a IlSussidiario.net l’ex presidente della Camera, Luciano Violante, responsabile delle riforme per il Pd –. Le parole che abbiamo sentito ieri presentano infatti alcuni elementi positivi: si ipotizza una legge elettorale a doppio turno, come noi proponiamo da tempo, e si apre alla riforma costituzionale e alla riflessione sulla forma di governo. Detto questo, se siamo seri, non si può pensare di passare da un sistema parlamentare a un sistema presidenziale in tre mesi».
Nemmeno se le principali forze politiche trovano un accordo?
Innanzitutto, l’eventuale intesa non può comunque riguardare soltanto Pd e Pdl, ma deve coinvolgere tutto il Parlamento e la cultura costituzionalistica italiana.
In secondo luogo, il presidenzialismo non consiste soltanto nell’elezione diretta del presidente della Repubblica, ma implica tutta una serie di decisioni. Bisogna determinare infatti i poteri che spettano al presidente, il suo rapporto con il Parlamento e con il presidente del Consiglio, il suo statuto, la legge sul conflitto d’interessi e il rapporto con i mezzi di comunicazione, Rai compresa. Ovviamente tutto questo non si può fare con un emendamento.
Il Pdl sembra intenzionato però a “bruciare” i tempi portando nei prossimi giorni la proposta in Senato.
La loro iniziativa è piuttosto ardita, ma non credo che andrà a buon fine. Detto questo, può comunque favorire l’avvio di un confronto politico positivo.
Non c’è una contraddizione in quel campo, secondo lei, quando si porta avanti una riforma elettorale a doppio turno mentre il lavoro della Commissione si muove in senso proporzionale?
Guardi, la nostra prima proposta resta quella per il doppio turno e se il Pdl torna sui suoi passi a noi va benissimo.
Detto questo, non è comunque corretto parlare di proporzionale perché, al di là delle apparenze, si stava ragionando su un sistema maggioritario, dato che i seggi verrebbero assegnati sulla base dei voti ottenuti nelle circoscrizioni e non in sede nazionale.
Anche sul presidenzialismo non si può semplificare troppo. Bisogna infatti decidere chi può partecipare alle elezioni, come vengono selezionati i candidati, se accedono al secondo turno i due più votati o tutti quelli che oltrepassano lo sbarramento…
Lei capisce che ciascuna di queste decisioni ha degli effetti diretti e indiretti molto rilevanti.
Possiamo dire che la classe politica italiana, dopo le elezioni amministrative, prova a dare un segnale di vitalità, anche se non sono in molti a scommettere sul buon esito delle riforme?
Sinceramente non mi riconosco nell’immagine che viene data dai mezzi di comunicazione di una classe politica rinunciataria e priva di motivazioni. Sia noi che gli altri partiti abbiamo lavorato lealmente e seriamente confrontandoci su temi decisamente complessi.
Se poi l’attenzione si sposta ai contenuti, anche grazie a questi annunci, il segnale è positivo.
Come ha spiegato più volte, il quadro è profondamente complesso e impone dei tempi piuttosto lunghi. Quali sono però secondo lei quelle riforme minime che il sistema politico riuscirà a realizzare entro la fine della legislatura?
Come dicevo, realisticamente la discussione sul sistema presidenziale può portare frutto nella prossima legislatura. Entro il 2013 però possiamo certamente concludere il lavoro di riforma costituzionale in corso al Senato, per un forte governo in un forte parlamento, e realizzare una nuova legge elettorale a doppio turno.
(Carlo Melato)