«La Francia ha rafforzato le sue istituzioni. Non si capisce perché il suo modello non possa funzionare anche in Italia, visto che il nostro è il Paese più simile a quello francese, sia in termini di schieramenti partitici che di cultura politica». Gianfranco Pasquino, già direttore de Il Mulino e ordinario di Scienza Politica all’Università di Bologna, apre alla riforma semipresidenziale proposta dal Pdl. E al Pd consiglia: «Meglio andare a vedere che carte ha in mano Berlusconi, piuttosto che lasciarsi tentare dal Porcellum e dal suo premio di maggioranza».
Professore, la classe politica ha davanti a sé l’ultimo treno per pensionare il Porcellum prima di terminare la legislatura?
Penso di sì e credo che cambiare la forma di governo sia la strada giusta per ridefinire i poteri del premier, quelli del presidente della Repubblica e la legge elettorale.
Certo, risentire questi argomenti ringiovanisce. Di questi temi si parla infatti dal 1994…
Quali sono i vizi e le virtù del modello francese? C’è chi teme una “dittatura presidenziale”.
Qualche anno fa scrissi un libro sulla Quinta Repubblica francese, dal titolo “Una splendida cinquantenne”. È evidente quindi che, a mio avviso, i pregi del sistema sono superiori ai difetti. D’altra parte anche i politologi e i giuristi francesi più dubbiosi si sono resi conto che garantisce stabilità e che il rischio di una “iperpresidenzializzazione” è temperato, come spiega la letteratura degli ultimi 40 anni dedicata all’argomento.
Nessuno poi può dire che Chirac o Sarkozy abbiano potuto sovvertire le istituzioni in questi anni. Dunque l’obiezione non ha nemmeno un fondamento pratico.
Il Partito Democratico, secondo lei, dovrebbe accettare di aprire una trattativa con il Popolo della Libertà su questo?
A mio avviso rischi non ne corre, anche perché il Pd si era già espresso in questo senso votando un documento nell’Assemblea nazionale in cui si ipotizzava un sistema maggioritario a doppio turno sul modello francese. Non solo, i democratici avevano posto le basi anche per un possibile scambio: se il centrodestra avesse concesso questo sistema al centrosinistra avrebbe avuto in cambio il semipresidenzialismo.
So che la coerenza è una merce rara, ma credo che il Partito Democratico non debba cambiare idea. Meglio andare a vedere che carte ha in mano Berlusconi piuttosto che lasciarsi tentare dal Porcellum e dal suo premio di maggioranza…
Chi verrebbe favorito da una legge a doppio turno?
Sicuramente i due principali partiti, Pdl e Pd. Un sistema di questo tipo dovrebbe infatti incoraggiare la convergenza sul partito più grande di ogni schieramento. In questo modo il fenomeno Grillo verrebbe in parte disinnescato, a meno che il leader del Movimento a 5 Stelle non voglia contrattare un accordo con il centrosinistra e il centro di Casini perderebbe il suo potere di kingmaker, dovendo scegliere una volta per tutte tra destra e sinistra.
C’è chi dice che comunque i tempi per mettere in cantiere una riforma di questo tipo non ci sono più.
Non credo che sia vero, abbiamo davanti quasi nove mesi di lavoro. Bisognerà vedere se il Pdl ha già uno schema sufficientemente dettagliato, nei quali sono già indicati gli articoli della Costituzione sui quali intervenire. La scusa comunque non regge.
Da ultimo, il passaggio da un Capo dello Stato che ha un ruolo terzo a un presidente “di parte” eletto direttamente può essere traumatico? Lo stesso Berlusconi ha lasciato intendere che potrebbe partecipare alla corsa.
Che il Cavaliere sia una figura divisiva è risaputo, a prescindere dal tipo di sistema. In un quadro come quello che abbiamo descritto, se dovesse ottenere quella carica, dovrebbe comunque adattarsi all’ipotesi di dover coabitare con un capo del governo a lui opposto politicamente.
Non solo, penso che chiunque in quel ruolo sarebbe “costretto” a comportarsi in maniera responsabile, davanti all’elettorato, al Paese e alla storia. D’altra parte, meglio essere ricordati come una figura che ha garantito le istituzioni e ha migliorato la qualità della nostra democrazia o come un bandito?
(Carlo Melato)