I ripetuti appelli del Presidente Napolitano, fatti per il 25 aprile e per il Primo Maggio, a cercare l’unità del Paese, sono una giusta resistenza alla presenza di una  tendenza forte al rifiuto della politica. Dobbiamo fare attenzione al vero contenuto di questi appelli, sono rivolti ai politici che si dividono su tutto e non lasciano passare le misure urgenti dettate dalla crisi. Ma nello stesso tempo avvertono i politici che stanno perdendo il senso del flusso negativo nell’atteggiamento degli italiani.



Nella politica ci sono sempre due strade: seguire l’onda oppure andare controcorrente. Seguendo l’onda si hanno risultati immediati nella crescita di posizione dentro l’organigramma del potere. Ma non si riesce a  portare  cambiamento. Il politico che si dimostra abile nel penetrare dentro il flusso dell’onda può sempre credere che dopo, quando avrà posizione determinante, potrà far passare sue proposte. Succede però che il contesto non modificato entro cui si è collocato gli impedisce di fare azioni nuove. Questa riflessione spiega quello strano mistero dei grandi politici italiani che lamentano l’impossibilità di governare questo Paese. Lo abbiamo sentito da Berlusconi, e in precedenza da Craxi.



In genere non lo sentiamo da sinistra perché l’onda è corrispondente alla egemonia dominante, prodotta  dall’estremismo culturale e dal moralismo, egemonia perseguita dalla sinistra, che si è sempre occupata di possedere case editrici e redazioni dei giornali. Questa egemonia ha fatto prevale rigidità di sistema, protezione di interessi corporativi, norme e leggi che fanno prevalere il potere sulla stessa politica.

Infatti le persone che non sono di sinistra pensano che l’Italia sia un paese comunisteggiante da almeno 30 anni (in realtà si può datare il fenomeno almeno dal 1963, governo Fanfani). Il compimento di questa egemonia è l’insorgere del catto-comunismo, che da almeno venti anni, consegna alla sinistra anche una parte della Chiesa.



Andare controcorrente è impegnativo. Bisogna non conformarsi alla mentalità diffusa. Se si riesce a produrre una presenza politica liberata dal flusso prevalente, allora si apporta un fattore di cambiamento. Ma questo non accade se la presenza si riduce al culto del minoritarismo. Produrre piccoli partiti liberati dalla logica del potere efficace vuol dire accettare di non essere efficaci.

Oggi in Italia la Seconda Repubblica ci ha dato molti nuovi partiti minoritari. A sinistra tanti e duri. Estremisti che teorizzano il minoritarismo, sostenendo che con le azioni più o meno violente si può imporre alla maggioranza le proprie condizioni. A destra ci sono fenomeni di onde spontanee reattive al potere, ovvero reazionarie. Il leghismo ha questa caratteristica, va controcorrente ma non cambia nulla perché si limita ad essere piccola parte liberata dal potere. Ci sono anche gruppi come Forza Nuova, ma si tratta di estremismi che attendono l’occasione storica, l’ora x.  L’idea che quando tutto si sfascerà si potrà ricostruire in modo giusto è una idea corrispondente al pensiero critico di tutti i rivoluzionari, distruggere per costruire. Ma tutte le rivoluzioni hanno mostrato che sulle macerie si torna solo indietro.

Attenzione che questa attesa del prodotto dello sfascio è diventata attualità. Con il governo tecnico e il dichiarato fallimento della politica tutti sembrano dire che siamo alla distruzione del Paese. Non è vero, ma i demagoghi possono sostenerlo. 
Ecco la prima battaglia: costruire una presenza che tolga spazio ai demagoghi. Andare controcorrente, ma con speranza e fiducia. Per questo la battaglia ha come presupposto difendere la politica come dimensione necessaria e capace di modificare il potere. Bisogna dire con forza ai cittadini che la politica è l’arte della composizione della molteplicità delle presenze nella società. Per questo andare controcorrente non vuol dire essere minoritari, vuole invece dire che l’impegno è comporre una maggioranza nuova, una alleanza che può governare autorevolmente e fare i cambiamenti mano a mano che la maggioranza ne comprende la necessità.

Attualmente ci sono, nel pensatoio della politica, progetti di  nuovi partiti o cambi di nome di alcuni partiti. Ma la questione del cambiamento deve essere affrontata da nuove leve della politica che colgono il meglio delle personalità esperte, ma che hanno forza ed entusiasmo necessari per andare controcorrente. 
Oggi concorrente vuol dire mettere insieme le ragioni delle parti. La crisi attuale è manifesta nel fatto che le parti non accettano le domande più profonde. Sviluppo sì ma quale sviluppo. Responsabilità sociale sì, ma quale responsabilità. Sviluppo del sistema finanziario o sviluppo del sistema produttivo? Responsabilità sociale verso la persona partecipe del suo bisogno o assunzione dei costi sociali senza ridurre l’indebitamento?

E questa è solo l’indicazione iniziale dell’andare controcorrente. Siamo al lavoro!