A una settimana dalla conferenza stampa del Popolo della Libertà il dibattito sulla riforma semipresidenziale “alla francese” non decolla.
«Serve una discussione seria» dice il segretario del Pd, Pier Luigi Bersani, «non si può pensare di farla con un emendamento». Su una linea di prudenza anche il leghista Roberto Calderoli: «valuteremo gli emendamenti del Pdl, purché non sia una scusa per non ridurre il numero dei parlamentari». Sull’ipotesi dell’elezione diretta del Capo dello Stato il messaggio più chiaro arriva però dal Colle: «i Costituenti – ha dichiarato ieri il presidente Napolitano – diedero allo Stato una figura neutra, imparziale e fuori dalle correnti politiche. Credo che sia stata una scelta importante».
«Non c’era da aspettarsi un esito diverso. Quella del Pdl era ed è una proposta fuori tempo massimo – spiega a IlSussidiario.net Stefano Folli –. Sono vent’anni che in questo paese si parla di semipresidenzialismo. Che senso ha che Berlusconi faccia un annuncio del genere mentre la legislatura si avvia alla conclusione? In questo modo si rischia solo di ostacolare ogni vera ipotesi di riforma, a cominciare da quella elettorale».



La dichiarazione del presidente della Repubblica va letta in questo senso?

A mio avviso le sue parole danno voce a uno scetticismo diffuso. Credo che la sua preoccupazione più grande sia quella che si apra una discussione sterile che non porti a nulla e che non faccia altro che aumentare il tasso di nervosismo nel dibattito, in un momento estremamente difficile per il Paese.
D’altra parte, il sistema politico alle prossime elezioni rischia uno smottamento ancora più evidente di quello che è stato anticipato dalla recente tornata amministrativa. Non solo, se prima della sospensione estiva, nei due rami del Parlamento, non viene votata la riforma costituzionale che si è già incardinata i partiti si presenteranno davanti agli italiani a mani vuote.  



Come giudica invece l’ipotesi che Berlusconi si proponga come presidente della Repubblica?

Il Cavaliere vorrebbe mantenere un ruolo pubblico. Mi sembra però che il suo proposito possa soltanto a tranquillizzare se stesso. Non credo infatti che ci siano le condizioni per una riforma che, tra le altre cose, preveda l’elezione diretta del Capo dello Stato.
Anche l’appello di Alfano «a tutti i moderati, i liberali e gli innovatori» per costruire un nuovo soggetto è caduto nel vuoto?

È presto per dirlo. Di certo Pier Ferdinando Casini non può illudersi che Berlusconi non ci sia e deve continuare a fare i conti con la sua presenza se vuole trattare con il Pdl. Al di là di questo primo problema, comunque, il vero nodo da sciogliere è quello relativo alla legge elettorale.
A mio avviso, se si votasse ancora una volta con il Porcellum, anche se parzialmente corretto, il leader dell’Udc potrebbe decidere di presentarsi nuovamente da solo. Nel caso dovrebbe però far bene i suoi calcoli, perché se Beppe Grillo dovesse superarlo (alcuni sondaggi, ad esempio, danno il Movimento 5 Stelle al 15% e Casini all’11%) i centristi non potrebbe nemmeno definirsi il “Terzo Polo” e per loro sarebbe una vera debacle.



Se invece si andasse davvero verso una legge a doppio turno?

In quel caso l’accordo con il centrodestra diventerebbe molto più probabile, anche se, ripeto, non credo a questa prospettiva.  

Anche il Pd è chiamato a sciogliere alcuni nodi nella prossima direzione nazionale. 

Non sarà facile, ma credo che Bersani  dovrà cercare di non essere fagocitato a sinistra. Di Pietro e Vendola, infatti, sono degli alleati in subbuglio, in quanto insidiati da Grillo. Non parlo di ipotetiche alleanze al centro, tra l’altro poco percorribili, ma ad esempio di ipotesi come la lista civica nazionale collegata al Partito Democratico. Quella potrebbe essere una soluzione in grado di mettere all’angolo Sel e Idv. La “foto di Vasto” invece è un’immagine vecchia e di palazzo che non può giovare ai democratici in un momento in cui è evidente che tutti i partiti devono cambiare musica. 

E in questo quadro su che basi andrà avanti l’azione del governo?

Vede, il problema del governo Monti da qui al 2013 non sono partiti, da cui ormai c’è poco da temere. La partita più importante che deve giocare il premier è in Europa. È da lì che, a causa dello spread e dell’instabilità delle borse, arriva una pressione ormai difficilmente sostenibile. 
L’Italia non può fare molto di più di quello che è già stato fatto. Occorre battersi per ottenere risultati a beneficio di tutti i paesi indebitati, anche perché non siamo certo in condizione di poter sopportare l’uscita della Grecia dall’euro o il default della Spagna. Al semipresidenzialismo ci penseremo un’altra volta…

(Carlo Melato)