Il presidente del Consiglio Mario Monti torna all’attacco. E per togliere ogni dubbio circa il fatto che niente di quanto accade di negativo di questi tempi possa essere imputato alla sua azione di governo lanciare nuove stoccate contro la classe politica. Secondo il premier, tanto per cominciare, «La crisi politica dell’Europa non va cercata tanto nelle istituzioni europee ma nel dibattito politico tra i vari paesi membri, dove i leader assumono sempre più il ruolo di follower», ha dichiarato nel suo intervento a Firenze alla conferenza «The state of the Union». In sostanza, secondo Monti, il problema dei politici di adesso consiste nell’incapacità di assumere decisioni importanti privilegiando il consenso ottenibile e spendibile nell’immediato. Del resto, si è detto convinto del fatto che all’ordine del giorno non ci sia solamente la crescita, ma anche un problema di fondo più essenziale: ovvero, la riconciliazioni dell’integrazione con la democrazia. Secondo Monti la causa d’ogni male è bel lungi dal potere essere intesta all’Unione europea, alle sue leggi e ai suoi regolamenti. Risiede, a detta del premier, negli Stati nazionali, ove, anche a causa di un certo ruolo assunto dai media, i leader hanno perso la capacità di farsi carico di decisioni impopolari. Poco dopo, tuttavia, preoccupato del fatto che le sue dichiarazioni fossero rivolte in particolar modo all’Italia, ha fatto una parziale marcia indietro, precisando il suo apprezzamento nei confronti di chi lo ha preceduto. Ha detto, infatti, che il governo Berlusconi, in termini di riforme strutturali ha fatto molto. Ora, però – si è limitato a dire – occorre fare di più. Riferendosi direttamente all’ex presidente del Consiglio, si è detto d’accordo con lui sul fatto che l’europeismo non può essere considerata una religione. «Abbiamo bisogno di un dibattito ma sono anche convinto – ha detto – che sia necessaria una forte continuità sui valori, come è stato tra i governi Prodi e i governi Berlusconi e molti altri». Rispetto alla misure concrete da intraprendere, ha spiegato che la riforma del mercato del lavoro, una volta approvata dal Parlamento, dovrebbe essere facilmente messa a regime. Ovvero, tradotta in realtà.
Rispetto al debito pubblico e al deficit/Pil al 120%, ha, infine, commentato: «Mi piacerebbe vivere in un Paese che avesse usato quel deficit per fare infrastrutture, invece che disperderlo nel consumo pubblico attuale».