Bersani ci ricasca. E torna a invocare una legge per regolarizzare le unione tra gay. Benché autorevoli esponenti del Pd che lo conoscono molto bene abbiano affermato (come Giuseppe Fioroni su queste pagine) che al leader del Pd, in realtà, l’introduzione del matrimonio tra persone dello stesso sesso non passi neanche per la testa. Eppure, il passo è breve e le sue dichiarazioni sembrano dar adito a pochi dubbi, rispetto alle sue reali intenzioni: «Non è accettabile che in Italia non si sia ancora introdotta una legge che faccia uscire dal far west le convivenze stabili tra omosessuali, conferendo loro dignità sociale e presidio giuridico», ha, infatti, dichiarato in un messaggio ai promotori del Gay Pride 2012. Interpellata da ilSussidiario.net la senatrice del Pd Mariapia Garavaglia spiega perché il gesto del suo segretario l’ha lasciata perplessa. «La sua dichiarazione a freddo, motivata, apparentemente, solo dalla circostanza del Gay Pride, mi ha stupido». Al di là dello stupore, la senatrice è contraria, nel merito, all’affermazione in se stessa. «Credo che il riconoscimento autentico della dignità di chiunque e la difesa di coloro che vivono situazioni personali di discriminazione siano fondamentali. E’ compito del nostro partito eliminare tutto ciò che fa vivere a determinati soggetti condizioni di minorità all’interno della società».
Ma il metodo suggerito da Bersani, secondo la senatrice, è sbagliato. «L’introduzione di norme ad hoc o ad personam diventerebbe essa stessa discriminante; di fatto, contribuirebbero a ad escludere le persone che si vogliono tutelare, a collocarle in una sorta di riserva. Casomai, è opportuno rimuovere quelle norme o quegli ostacoli culturali che violino la dignità dei singoli. Rispetto ai bambini handicappati, ad esempio, non si sono fatte leggi apposite per ogni singolo handicap, ma una normativa finalizzata all’integrazione generale». In tal senso, la Garavaglia condivide le parole di Bersani quando afferma la necessità di introdurre leggi contro l’omofobia o la transofobia. «Mi pare molto più ragionevole. L’identificazione di reati o aggravanti di reati esistenti appartiene, infatti, alla nostra cultura». Resta da capire perché Bersani torni spesso sull’argomento, se non per creare le condizioni che legittimino il matrimonio gay. «Non credo – replica la senatrice – che il Pd assumerà l’introduzione del matrimonio gay come propria battaglia. Il motivo è semplice: il mio partito ha fatto della difesa della Costituzione una priorità assoluta. E, nella nostra Carta fondamentale, l’articolo 29 afferma chiaramente che il matrimonio è solo quello tra un uomo e una donna».
C’è un’altra ragione per la quale Bersani ha compiuto un passo falso. «Un grande partito pluralista come il nostro, nel momento in cui inizia a ipotizzare la modifica o l’emanazione di nuove regole, dovrebbe farlo attraverso il dibattito interno. Un dibattito relativo alle unioni tra gay, al momento, non c’è stato, la questione non è nei nostri programmi e neppure all’ordine del giorno».
Bersani, infine, ha sostenuto che la capacità del Pd di parlare al Paese si giocherà anche su temi quali il divorzio breve o il testamento biologico. «Francamente – dice la Garavaglia – mi pare che le priorità rispetto al Paese siano ben altre. Lo stesso Bersani, nel corso della Direzione nazionale ha chiaramente individuato la principale: il lavoro».
(Paolo Nessi)