Le primarie si faranno. Bersani sembrava il meno convinto, quello che ci avrebbe perso di più. Si sarà persuaso del contrario. Mettersi in gioco con degli avversari è sempre un rischio. Benché l’esito possa essere, secondo molti, scontato. Per il momento, infatti, il segretario del Pd dovrà vedersela con Nichi Vendola, l’unico ad essersi ufficialmente iscritto alla gara. Se ne aggiungeranno degli altri. Matteo Renzi, tanto per cominciare. Sta di fatto che, chiunque dovesse accettare la sfida, difficilmente avrebbe molte chance di sconfiggere il capo in carica del primo partito della sinistra italiana. Che, partendo da una posizione privilegiata, non dovrebbe avere molti problemi ad accaparrarsi la guida della coalizione. Resta il fatto che potrebbe scoprire di contare meno di quanto non credesse. O di più. Pippo Civati, esponente del Pd e consigliere regionale in Lombardia, tra coloro che maggiormente hanno insistito sulle consultazioni interne alla sinistra, spiega a IlSussidiario.net cosa implicherà la decisone di Bersani. «Penso che abbia fatto molto bene ad accettare la richiesta che io e tanti altri stiamo avanzando da mesi. Si tratta di un’occasione di grande partecipazione, che lascia esterrefatti quelli che pensavano di poter calare tutte le decisioni dall’alto e dal di dentro del partito azzerando il dibattito interno e che obbliga a un confronto trasparente e motivato. Nel quale auspico che gli elettori si sentano coinvolti fino in fondo. Non tanto e non solo sulla scelta del candidato, quanto sugli argomenti sui quali si interrogano gran parte dei cittadini italiani». Sta di fatto che Bersani avrà il suo bel tornaconto. «Si è reso conto della pressione proveniente dalla società civile. E che asserragliarsi in una posizione già acquisita avrebbe esposto il Pd a un attacco frontale di tutti coloro – e sono sempre di più – che nutrono obiezioni nei confronti dei partiti». In sostanza: «la decisione rafforza Bersani che, altrimenti, sarebbe risultato indebolito. Accettare le primarie corrisponde ad una sorta di cessione di sovranità. Il che lo renderà più simpatico anche ai suoi avversari».
Civati, ritenuto un tempo sodale di Matteo Renzi e in seguito rientrato, almeno in parte nell’ortodossia di partito, non si sbilancia più di tanto rispetto a chi voterà. «Va separato il momento del fischio d’inizio dalla partita vera e propria. Anzitutto, quindi, occorre capire come le primarie saranno strutturate. Stabilendo quanti saranno i candidati e quali saranno i requisiti necessari per presentarsi. E introducendo modalità talmente trasparenti da rendere impossibili comportamenti illeciti, oltre a strumenti di garanzia in grado di intervenire tempestivamente. Per evitare il ripetersi di casi come quello di Napoli». Detto ciò, ci dà un importante indizio: «per ora, posso dire che con Renzi abbiamo discusso. Con Bersani no. Non mi sembra, del resto, interessato a coinvolgerci in alcuna discussione». 



In ogni caso, per adesso Renzi non ha ancora esplicitato la sua candidatura. Vendola, invece, sì. «Ricordiamo che, nel 2010, fu il primo a candidarsi alle primarie; rispetto a quel periodo, la sua figura appare leggermente appannata. Se, allora, lanciò la sfida, oggi vi sta rispondendo». Curioso il fatto che si facciano primarie di coalizione senza avere ancora stabilità quale sarà la  coalizione. «Il percorso avrebbe potuto essere, in effetti, più razionale. Tuttavia, il tempo scarseggia e le primarie serviranno anche per capire chi sta con il centrosinistra. Certo, Bersani parla di primarie con i democratici e i progressisti e, in seguito, di un patto con i moderati. La vedo dura. La consultazione, in un modo o nell’altro, definirà i limiti della coalizione. D’altro canto, la vedo dura far esperimenti dopo aver fatto muovere qualche milione di persone». 



(Paolo Nessi)

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