Lui dice che intende prendere il 100% dei voti, azzerare i partiti, far saltare il sistema e ricostruirlo da capo. Ma – che sia una strategia o meno è presto per dirlo – a governare, non ci pensa nemmeno. Lo farà fare ad altri. Ai suoi ragazzi. Un plotone di under 30 che dovrebbero popolare il Parlamento. E indire referendum su tutto, affossare la tav e i termovalorizzatori, puntare sull’energia pulita e internet. E stop. Questo, in estrema sintesi, è il Grillo-pensiero. Come l’M5S abbia potuto trionfare alle scorse amministrative non è ancora del tutto chiaro. Sarà per il disprezzo generale del Palazzo, il disgusto dei partiti, lo scoramento che in tempi di crisi fa riporre le speranze nei fenomeni demagogici. Sta di fatto che, nei sondaggi, oscilla tra il 15 e il 15% dei consensi è c’è chi, alle prossime elezioni, lo dà come terzo partito. Insomma, liquidarlo come un fastidio estemporaneo sarebbe improvvido. Tra chi lo ha capito c’è Giancarlo Galan.
Tanto per cominciare, cosa ne pensa di Grillo?
Devo dire che ne ammiro la modernità. Anzitutto, sul fronte della comunicazione. Il linguaggio che usa va alla pancia delle persone e, al netto della volgarità e delle esagerazioni, ne vanno comprese le dinamiche. Ha colto, inoltre, in internet lo strumento più idoneo per comunicare senza filtri con il Pese. Ha capito, infine, che la forma attuale secondo cui sono strutturati tutti i partiti non può più reggere.
Cosa dovrebbe diventare?
Un movimento. Sul modello dei partiti statunitensi. Hanno zero iscritti, eppure sono forti, autorevoli, e quando ci sono le elezioni si costituiscono nella forma di movimento elettorale per sostenere il proprio candidato.
Sul Fatto quotidiano lei dice che l’M5S assomiglia, almeno sul fronte della modernizzazione, alla prima Forza Italia del ’94. Vede analogie anche con il primo Berlusconi?
Sicuramente nella scelta dei candidati. Grillo parla di un movimento senza condannati e senza riciclati della politica. E’ quello che avevamo fatto noi nel’94. Le ricordo, inoltre, che io, prima di fare politica, ero stato direttore centrale di Publitalia (la concessionaria pubblicitaria di Mediaset ndr). E che quando, assieme a Berlusconi, fondai Forza Italia, decidemmo di coinvolgere persone provenienti, prevalentemente, dalla cosiddetta società civile. Berlusconi volle con sé professionisti che si erano affermati nelle proprie attività, disposti a metterci la faccia a tornarsene a casa in caso di fallimento. Esattamente, quello che dice ora di voler fare Grillo.
Le principali differenze?
Noi siamo nati per governare, e abbiamo governato. Avevamo un programma mentre Grillo abdica ad ogni responsabilità per inseguire un populismo costituito. L’idea, ad esempio, di referendum popolari su qualunque misura che riguardi i cittadini è impraticabile. Compito dei governanti, una volta ricevuto il mandato popolare, infatti, è anche quello indirizzare le scelte dei cittadini.
Le risulta, in ogni caso, che effettivamente Berlusconi stia studiando il fenomeno Grillo, analizzandone i comizi e rileggendosene gli interventi su internet?
Qualsiasi persona intelligente non può fare altro che studiarlo. Quando un movimento raggiunge d’un botto quel consenso, sarebbe da presuntuosi snobbarlo.
Se Berlusconi cerca rimedi altrove, penserà che nel proprio partito c’è qualcosa che non va
Basta vedere cos’è successo nelle ultime elezioni per capire che lo stato di crisi è profondissimo.
Cos’è successo?
Non piacciamo più alla gente. Avevamo 9 milioni di elettori e li abbiamo persi quasi tutti.
Perché?
Non abbiamo mantenuto le promesse. Ci eravamo impegnati nel realizzare la grande rivoluzione liberale e non abbiamo neppure abolito le Provincie. Prevalentemente, a causa della golden share della Lega attuata attraverso il dominio di Tremonti su tutti gli atti governativi. E per la mentalità statalista di gran parte di chi proviene da Alleanza nazionale.
In tutto ciò, come si inserisce la sua candidatura alla primarie del centrodestra?
Ho intenzione di rilanciare il dibattito; voglio capire se e quali spazi ci siano, ad oggi, nel nostro partito, per compiere la rivoluzione liberale mancata. Sul fronte dell’economia, del fisco, dei diritti civili e del lavoro. D’altronde, nella Regione che ho governato per 15 anni ci sono provincie come Vicenza e Treviso che esportano come tutto il Portogallo. Credo che il modello che ho contribuito a realizzare sia esportabile in tutta Italia. E, in base ai principi liberali in cui credo, di proporre alcune soluzioni.
Lei, quindi, dà per scontato che, all’interno del Pdl, le primarie ci saranno?
Abbiamo promesso di fare la rivoluzione liberale e non l’abbiamo fatto. Spero che, almeno la promessa delle primarie, venga mantenuta.
(Paolo Nessi)