Potrebbe far saltare il banco e lasciare l’Italia al suo destino. Sobriamente, per carità. Ritirandosi, per tornare a fare il prof, o puntando a ben altre e più prestigiose cariche, magari in ambito europeo. Si dice che stia stanco. Pensava di sistemare il Paese con poche e rapide mosse. E, invece, niente. Le alchimie partitiche cui, suo malgrado, deve prestare attenzione, inoltre, lo disgustano. Potrebbe – è un’altra ipotesi – dar vita ad un Monti-bis. Fuori i tecnici, dentro i politici. Del resto, pare che gran parte degli esponenti del suo governo non lo infastidiscano meno dei politici con cui deve avere a che fare. Troppi errori, troppo pressapochismo, troppo protagonismo. Abbiamo chiesto a Paolo Franchi cosa, realisticamente, potrebbe passare per la testa del premier Monti e quali scenari futuri si prefigurano.



Monti, secondo lei, regge?

Lui, effettivamente, dà segni di stanchezza e tensione. Non vedo, sinceramente, tuttavia, chi possa essere, nell’attuale maggioranza che lo sostiene, nelle condizioni di potergli togliere la fiducia. L’eventualità metterebbe il Paese in ginocchio. E, per chi si rendesse colpevole di un tale misfatto, si tratterebbe di un suicidio politico.



L’ipotesi di un Monti-bis con un governo politico è plausibile?

E’ impressione diffusa che gran parte dei cosiddetti ministri tecnici non siano realmente dotati delle capacità che gli erano state attribuite. Sta di fatto che un’operazione del genere non può di certo essere compiuta al buio. Sarebbe necessario, tanto per cominciare, l’avvallo del Quirinale. In secondo luogo, i partiti dovrebbero essere convinti della necessità e, di conseguenza, accordarsi.

Quindi?

L’alternativa vera e propria è tra le elezioni anticipate e la conclusione naturale della legislatura. Credo che la seconda ipotesi, pur tra tutte le difficoltà, allo stato attuale sia di gran lunga la più probabile. A questo punto, infatti, l’unico in grado di poter determinare le condizioni per il voto anticipato dovrebbe essere lo stesso Monti. Ma lei se lo immagina il premier che dice: “ora mollo tutto e vado a casa”?



No

Ecco, diciamo che si tratta,  per il momento, di scenari verosimili ma altamente improbabili.

Il direttore di Libero, Maurizio Belpietro, ipotizza, nel caso di rinuncia di Monti ad un ritorno di Prodi

Non vedo perché il Pd dovrebbe ripescare un personaggio che ha fatto il suo tempo e non, piuttosto, un profilo tecnico più consono alla mentalità e alla cultura del partito. Se parliamo di uno scenario post-elettorale, inoltre, considero l’eventualità praticamente impossibile. Se, infatti, il Pd dovesse uscire vincitore dalle urne, non avrebbe alcun motivo per non indicare alla presidenza del Consiglio il suo esponente più rappresentativo. Quindi, Bersani. Che, dal canto suo da tempo, sta lavorando proprio per questo.

Se la legislatura giungerà al termine, invece, su queste pagine, Piero Sansonetti si è detto convinto  che, quasi certamente, si andrà incontro all’ennesimo governo tecnico

Se è per quello, stando ai recenti sondaggi, potremmo avere anche Grillo come secondo – se non, addirittura, primo – partito. Il problema è che, pur vivendo in scenari tendenti al catastrofico, continuiamo a parlare come nulla fosse di alleanze, maggioranze e governi.  Eppure, ad oggi, non sappiamo quale sarà il quadro politico da qui alle elezioni. Né, tantomeno, con che legge si andrà a votare. Ciò detto, in Italia, a differenza degli altri Paesi europei, la crisi democratica è decisamente più acuta. Per cui, un altro governo che non sia espressione della volontà popolare è molto probabile. C’è, tuttavia, un grosso ostacolo.

Cioè?

Monti è arrivato in un contesto ben preciso. E’ stato chiamato per sanare l’emergenza e far riacquisire al Paese quella credibilità che il governo precedente non era più un grado di assicurare. Ma si trattava, appunto, di un’emergenza. Ora, dovremmo immaginare che, all’indomani delle elezioni politiche, convocate per dar vita ad un Parlamento che esprima una maggioranza di governo, si instauri nuovamente una seconda compagine tecnica. Se già adesso parliamo di crisi democratica, in tal caso, di cosa dovremmo parlare? Certo, ribadisco che non siamo in tempi di pace ma “di guerra”, ove tutto è possibile.

 

(Paolo Nessi)