Era una festa di un giornale o la presentazione di un partito? Un evento culturale o la discesa in campo di una compagine di opinionisti e intellettuali che ambisce a sedere tra i banchi del Parlamento? Stando al direttore di Repubblica, Ezio Mauro, il suo giornale continuerà a fare il giornale. E basta. Non ne nascerà una lista civica. Ma non ci crede nessuno. Il Festival di Repubblica che si è concluso ieri, a Bologna, è solo uno dei passaggi che porterà alla costituzione di quel movimento politico che potrebbe arrivare a intestarsi la guida del centrosinistra. Anzi, a ben vedere, spiega a ilSussidiario.net Fabrizio D’Esposito, firma politica de Il Fatto Quotidiano, è già così. Da anni. «La crisi dei partiti ha investito anche il Pd. Nonostante Bersani, Fassina, e gli altri membri della segreteria cerchino invano di distinguersi e convincere che non li riguarda. Inoltre, il successo di Grillo sta nuocendo sicuramente più a sinistra che destra. Molti di coloro per  i quali il Pd è sempre stato il partito di riferimento, infatti, hanno iniziato a votare l’M5S. La corsa alle liste civiche, quindi, è diventata una necessità anche per la sinistra. Per intercettare quei voti che andrebbero al comico genovese, anzitutto». Non  solo. «La lista di Repubblica, all’interno della coalizione, potrebbe prendere il posto dell’Italia dei Valori. Servirebbe a emarginare l’ala più giustizialista. D’altronde, è noto come, in questi mesi, il Pd abbia subito l’influenza del Quirinale che non ha mai guardato con simpatia né a Grillo né a Di Pietro». Che il quotidiano di Scalfari decida di scendere in campo secondo le forme partitiche tradizionali non deve stupire. Basta guarda al recente passato per capire che la definizione di “giornale-partito” non è solo un modo di dire: «Repubblica – spiega D’Esposito – ha sempre scelto il candidato premier del centrosinistra. Lo ha fatto quando fu candidato Rutelli al posto di Amato. Lo fece con Prodi. E solo nel 2006, quando l’Unione vinse le elezioni, Repubblica fu sostituta alla guida del centrosinistra da Paolo Mieli che, da direttore de Il Corriere della Sera, fece il suo famoso endorsement alla coalizione di centrosinistra». E oggi, non è un segreto che all’editore del giornale, il segretario del Pd, non piaccia. «Più volte, in pubblico, De Benedetti ha manifestato la poca stima che nutre nei confronti di Bersani».  L’Opa lanciata dal quotidiano sul Pd non è da intendersi esclusivamente nei termini di egemonia culturale. «Va detto che pensare che Ezio Mauro possa candidarsi a premier è fantapolitica. E’ pur sempre stato lui, però, a teorizzare la necessità di individuare un papa straniero». Impossibile, al momento, prevedere chi sarà. «Fino pochi  mesi fa circolava il nome di Saviano; poi, si è iniziato a parlare del ministro Passera. Peccato che fosse stata ipotizzata una sua candidatura anche a premier del centrodestra». Oggi, inoltre, gli scenari fino a poco tempo  fa maggiormente prefigurabili sono saltati. In gran parte a causa di Grillo. 



«La grande coalizione, in cui sarebbero dovuti confluire i moderati del Pd e del Pdl era un’eventualità altamente probabile. Ma Grillo ha focalizzato a tal punto il malcontento che a tutti è parso evidente come la gente sia disgustata della politica attuale». Ieri, Ezio Mauro ci ha tenuto a sottolineare le distanza dal comico genovese. Di specificare che Grillo è populista. «Noi siamo esattamente l’opposto. Siamo per il confronto con la complessità. Siamo per il rispetto delle diversità», ha detto. Perché si è sentito in dovere di farlo? Teme, per caso, la sua concorrenza? «Certo. Repubblica si barcamena nel dualismo tra la sinistra riformista e quella radical chic e non si capacita del fatto che il suo bacino di riferimento possa votare Grillo. Si tratta di quella rabbia derivante tipicamente dalla pretesta di superiorità. Rabbia, ma anche paura dei voti che le sarebbero sottratti».



 

(Paolo Nessi)

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