«Formigoni è uno scandalo» ha scritto ieri Pierluigi Magnaschi. «Come si fa a tollerare ancora a lungo la presenza al vertice della Lombardia di una persona che per ben quattro volte consecutive viene eletta a suffragio universale?» si è chiesto ironicamente il direttore di Italia Oggi. D’altra parte la campagna mediatica contro il presidente della Regione Lombardia è ancora viva e prosegue senza sosta. «Niente di nuovo sotto il sole: si è aperta la tradizionale “caccia al cinghialone” – spiega Magnaschi a IlSussidiario.net –. E quando si inizia a sentire l’odore del sangue accorrono tutti, anche i cani randagi».



Perché è partita la caccia questa volta?

I motivi sono molteplici. Le aspirazioni del Pd si sono impennate dopo la conquista di Milano. Il fatto di non amministrare ancora una regione dell’Italia Settentrionale è una vergogna troppo grande da sopportare perché certifica che i democratici rappresentano ancora l’Italia burocratica e recessiva.
Certo, questa volta la preda è molto difficile da abbattere.



Per quale motivo?

Perché ha il consenso popolare, come dimostrano le ultime quattro elezioni, e perché ha governato in modo eccellente. La Lombardia è infatti l’unica regione d’Italia in cui le opere pubbliche, anche le più complesse, vengono concluse in anticipo. Nelle altre si fermano a metà. L’amministrazione lombarda per questo non sembra nemmeno italiana, ma teutonica.
Certo, il governatore ha anche i suoi punti deboli.

Quali?

Avere contro i propri nemici è naturale, trovarsi a combattere contro il leader del proprio partito no. Berlusconi però ha provato a sbarazzarsi di lui più di una volta. Lo odia profondamente.
E così oltre a chi non sopporta l’idea che un cattolico non di sinistra sappia governare la regione più importante d’Italia, c’è anche chi nel Pdl non gli ha risparmiato degli sgambetti velenosi.



A cosa si riferisce?

Per ben due volte il Cavaliere ha fatto candidare il governatore alla Camera con la promessa di farlo ministro degli Esteri e in entrambi i casi si è rimangiato la parola proponendo a Formigoni di fare il peone tra i peones. Sono colpi che avrebbero stroncato un bisonte, ma il presidente della Lombardia si è sempre rimesso al lavoro al Pirellone, anche se amministrare per tutti quegli anni lo stesso ente deve avergli fatto del male.
Ora ha parecchia polvere addosso, anche se è messo comunque meglio del suo collega Errani, che in Emilia Romagna è completamente appassito.
Ironia della sorte, quando gli amici diventano nemici a volte capita anche il contrario e la Lega, che in questi anni lo ha ostacolato in mille modi, ora è l’unico partito che lo sostiene.
Tra i giornali questo non è avvenuto e infatti vediamo un grande quotidiano liberale come Il Corriere andare dietro a Repubblica.

Nel mirino è finito tra l’altro il sistema sanitario, anche se è il più avanzato del Paese. 

La cosa è piuttosto singolare, ma non mi stupisce. Il nostro è un Paese ideologico anche se le ideologie sono defunte da un pezzo. Viviamo tra anatemi e tabù, di cui nessuno vuole la verifica. 
Roberto Formigoni si è permesso di dimostrare che pubblico e privato possono lavorare insieme per dare un ottimo servizio alle persone e questo in Italia dà scandalo, anche se gli scandalizzati poi vanno a curarsi al San Raffaele. In molte altre regioni c’è una sanità cialtrona che non può nemmeno essere paragonata a quella lombarda, ma questo alla grande stampa non interessa…

Direttore, ma qualche errore l’avrà anche commesso o non ha proprio nulla da rimproverargli?

Formigoni ha fatto un grande sbaglio. Lui è sempre stato uno serio e rigoroso, per intenderci l’opposto di Berlusconi. Chi gliel’ha fatto fare, dico io, di mettersi a indossare camicie hawaiane e giovaniliste all’età di 70 anni? Evidentemente ha sbagliato consulente. Il fatto è che i politici non dovrebbero averne, ma dovrebbero riuscire a rimanere se stessi…

(Carlo Melato)