Si apre oggi la tre giorni di congressi della Lega Nord. In attesa del “federale” di fine giugno, che dovrebbe vedere il passaggio di testimone da Umberto Bossi a Roberto Maroni, inizieranno questa sera i congressi “nazionali” (nel linguaggio leghista Lombardia e Veneto sono infatti nazioni).
Si parte con l’appuntamento lombardo di questa sera a Bergamo, dove Matteo Salvini e Cesarino Monti si sfideranno per prendere il posto di Giancarlo Giorgetti. Dopodiché toccherà a Padova assistere alla competizione tra Flavio Tosi e Massimo Bitonci nel congresso veneto.
Tutti danno per favorita la coppia di giovani maroniani Salvini-Tosi, anche se l’ala bossiana sembra maggiormente in grado di giocare la sua partita contro il neo-eletto sindaco di Verona.
«È un appuntamento importante per la Lega del futuro – spiega a IlSussidiario.net Giancarlo Paragone, già direttore de La Padania, oggi conduttore de L’Ultima Parola e vicedirettore di Rai 2 –. Sono anni che il Carroccio non faceva congressi. Oggi però non deve solo scegliere una nuova leadership, ma un nuovo modello e una nuova visione. La Lega di Bossi, di via Bellerio, dell’“uomo solo al comando” è destinata a finire».



E quale dovrebbe essere la visione della “nuova Lega”?

A mio avviso deve percorrere due strade, rimettendo in moto un cammino politico che parta dal basso: da un lato deve tornare a raccontarsi al popolo degli imprenditori del lombardo-veneto, dall’altro deve, a mio avviso, riprendere in mano la battaglia contro un certo tipo di Europa. Ciò che sta avvenendo a livello macroeconomico, dalla Spagna alla Grecia, sta infatti riattualizzando molte delle battaglie storiche di questo movimento.



Due strade da prendere facendo a meno di Umberto Bossi.

La Lega non può illudersi di sostituire il suo capo, né di far finta che non sia successo nulla. Oggi ha bisogno di una figura diversa, una guida che sappia fare squadra. Roberto Maroni può farlo benissimo. Non a caso sta puntando sui giovani e sui sindaci. La strada obbligata, infatti, è quella del radicamento e del rinnovamento.

L’ex ministro dell’Interno ha più volte ipotizzato un Carroccio che non partecipi più alle elezioni politiche, che lasci il Parlamento e si radichi ancora di più nel territorio. Solo una provocazione?



Da un lato è normale che un movimento autonomista o fortemente federalista faccia questo tipo di annunci, dall’altro è anche vero che nel panorama delle forze e dei movimenti localisti la Lega Nord sia un caso a sé. Il suo peso è sempre stato legato a quanto contava a Roma, dove peraltro non ha mai disdegnato incarichi importanti. Al contrario, ad esempio, non ha mai governato la Regione Lombardia. 

Probabilmente è giunto il momento di scegliere: o si prosegue con la strategia istituzionale o si rinuncia a Roma per concentrarsi sul territorio, cosa che tra l’altro permetterebbe al movimento di trattare alla pari con ciò che resta dei due “partiti-contenitore” nazionali.  

Una volta archiviati i congressi “nazionali” sarà già il momento di preparare quello federale. C’è chi dice che, oltre alla dialettica tra bossiani e maroniani, forse la più pericolosa per il futuro del movimento sarà quella territoriale. La Lega veneta, ad esempio, è stufa di dover obbedire a quella lombarda.

Sono dinamiche comprensibili, ma il problema andrà posto in maniera diversa dal passato. Un movimento più federale e meno carismatico potrà far convivere una lega veneta, radicata nel suo territorio, e una lega lombarda che fa altrettanto. Uno come Bossi, che da solo, teneva unite le leghe del Nord, non c’è più.  

E nel lungo periodo, le strade di Lega e Pdl potranno ricongiungersi secondo lei?  

Tutto dipenderà da quelle scelte a monte che il movimento dovrà prendere di cui parlavamo prima. Una Lega che verrà puntare tutto sul territorio non potrà che avere le mani libere, una Lega che non rinuncia a Roma, deve inevitabilmente cedere alla logica delle alleanze. Vedremo che scelte prenderà Maroni e se davvero sarà in grado di far rinascere una Lega 2.0. 

(Carlo Melato)