La consequenzialità degli eventi non è casuale. L’altro ieri, è emersa l’esistenza di un progetto dattilografato, in mano a pochi fedelissimi berlusconiani, ed  eversivo (per loro): tante liste di categoria che evocassero gli albori attraverso il suffisso “Forza” (Forza Donne, Forza Giovani, Forza Imprenditori) in cui frammentare il Pdl. E fin qui, niente di che. La cosa più assurda è che, a capo di tutto ciò, si intendeva porre il sindaco di Firenze, del Pd, Matteo Renzi. Ieri, sulle pagine del Il Giornale, Diego Volpe Pasini, collaboratore di Sgarbi e, negli ultimi tempi in confidenza con il premier, ha confessato di essere il padre della trovata. E di averla illustrata a Berlusconi che avrebbe reagito con un espressione mista tra l’interesse e la scarsa convinzione. Il giorno stesso, tuttavia, sono uscite sulle agenzie alcune frasi del Cavaliere che fanno parte di un’intervista contenuta nel libro «L’onestà al potere» di Roberto Gelmini: Voglio continuare a essere il leader dei moderati finchè gli italiani lo vorranno». Abbiamo chiesto a Sgarbi lumi sulla vicenda.



Cosa sta succedendo?

Tutto ciò sta accadendo, in parte, sotto la mia regia. In parte perché, io, sarei stato più cauto. Con Volpe Pasini – che ogni volta che incontro l’ex premier mi accompagna – è in atto l’accelerazione di un processo che interessa non tanto un’operazione politica, che deve ancora partire, e neanche l’indicazione delle liste, quanto il tentativo di stanare e tirare fuori dall’angolo Berlusconi. Il metodo utilizzato consiste nell’affermare che la mossa ideale per vincere le elezioni è l’esibizione di Matteo Renzi. Il quale prenderebbe i voti del centrodestra, non essendosi logorato nel centrodestra.



E Berlusconi? Come ha reagito?

Si tratta di una proposta che deve valutare come alternativa a se stesso. L’effetto prodotto è stato quello voluto. E’ stato stanato. Non è un caso che ieri siano emersi quegli stralci di intervista in cui ha lasciato intendere che, se l’ alternativa è Renzi, allora il leader rimane lui.

Ma l’ipotesi di candidare il sindaco di Firenze è verosimile o no?

Non c’è assolutamente alcuna possibilità che accada. L’opzione, del resto, mi vedrebbe del tutto contrario. E’ un sondaggio d’opinione trasformato in teorema, da tempo, da Volpe Pasini;  il quale, contrariamente alla mia indicazione di lasciarlo cadere, l’ha formalizzato in un testo indirizzato a Berlusconi ove gli si è fatto presente che, laddove non volesse candidarsi, la figura con più chance di vittoria sarebbe quella di Renzi. Non è una valutazione fondata sul consenso della parti, ma sulla constatazione in base alla quale la sinistra punterà su Bersani, Renzi potrebbe smarcarsi e, tra tutti i nuovi leader, è quello che nel centrodestra ha maggiori consensi.



Possibile che in tutto il centrodestra, tra i vari leader, non ci sia un candidato presentabile?

Nella percezione di Volpe Pasini e, credo, anche in quella di Berlusconi, metterebbero a rischio non solo la vittoria delle elezioni, già di per sé molto difficile, ma anche il raggiungimento di un risultato decente. Il problema è che nel centrodestra nessuno è meglio di Berlusconi. Quindi, tanto vale che si candidi lui.

E lui si vuol ricandidare?

Ovviamente è un’opzione plausibile. Sia come premier che come leader del centrodestra. Non potrà farlo, tutavia, solamente col suo partito, ma anche con formazioni nuove. Il modello per le Politiche è quello che ha fatto eleggere Tosi. Era appoggiato dalla Lega ma anche da una lista con il suo nome. Analogamente, Berlusconi dovrà rappresentare non solo e non tanto il Pdl, ma soprattutto, se stesso. Perché lui non coincide con il Pdl e i suoi vari leader. Dovrà separarsi da loro. Lasciandogli pure la struttura-partito per prendere i voti legati alla propria persona.

Le risulta che sia realmente intenzionato a dar vita ad una serie di liste?

Lo so con certezza. Gli parlo tutti i giorni.

Nel Pdl, la stragrande maggioranza dei deputati e dei senatori interpellati, nega

Non parlo e non sono interessato a parlare con queste persone. Interloquisco direttamente con Berlusconi.

Crede, in ogni caso, che stia subendo il fascino di Grillo?

No, non gliene frega niente. Sono stato io a porgli il problema, quando gli ho sottoposto l’idea del mio Partito della Rivoluzione, facendogli presente che occorre una formazione con le stesse caratteristiche di contestazione dell’M5S, qualcosa che abbia la medesima capacità di attrazione di quella protesta – che è viva – per impedire a Grillo di rubare voti al centrodestra.

Il suo partito avrebbe queste caratteristiche?

Il Pdl è passato dal 30% al 15%; quel 15% di voti, per ora, non è andato a Grillo, ma è diventato il nulla. Occorre, quindi, qualcuno che proponga un’alternativa compatibile al centrodestra, ma che sia assolutamente libera. Il mio spazio si identificherebbe in quell’area, ma potrebbe prendere voti in libera uscita.

Concretamente, cosa propone?

Una cosa che è la più credile: me stesso. Ovvero, tutto ciò che ho rappresentato in tutti questi anni.  Parto dall’idea che un partito come il Movimento 5 Stelle, che ha il nome di un albergo e che vuole solo distruggere, confligga con una proposta costruttiva fondata sull’Italia della bellezza e della civiltà; e dal fatto che, se si spendono soldi per le pale eoliche, invece che per mettere in sicurezza i  monumenti che rischiano il terremoto, siamo, evidentemente, in presenza di spese sbagliate e di un struttura di governo piena di difetti.

La sua rivoluzione, quindi, in cosa consisterebbe?

Non di certo, per intenderci, nell’eliminare i ricchi per dare le loro sostanze ai poveri. La rivoluzione è nelle cose. È invocata. Consiste nel ribaltare il punto di vista. Ad esempio, non cancellerei i comuni piccoli e i loro sindaci, che hanno un rapporto diretto con i cittadini e il territorio, ma li valorizzerei. Penalizzerei, invece, quelli grandi, spacchettandoli in 6 o 7 circoscrizioni, ciascuna delle quali avrebbe un sindaco. Al contempo, al posto di risparmiare semplicemente su 100 deputati, eliminerei le Regioni.

 

(Paolo Nessi)