Il congresso della Lega lombarda a Bergamo incorona Matteo Salvini con una maggioranza schiacciante, avvicinando sempre più Maroni al ruolo di segretario. Maroni però non scalza Bossi, in quanto ciò che è avvenuto ieri configura piuttosto una diarchia, in cui il nuovo leader convivrà con il padre nobile nel ruolo di presidente. La frantumazione del partito almeno per il momento è scongiurata, come sottolinea Luciano Ghelfi, l’inviato Rai che ha seguito il congresso per il TG2.
Qual è il significato della vittoria di Salvini su Cesarino Monti?
E’ una vittoria nettissima di Maroni su Bossi. La vittoria era attesa, è probabilmente andata nei numeri anche al di là delle aspettative. E’ stata una vittoria nettissima, 74% contro 26%, e probabilmente alla vigilia si pensava che Cesarino Monti prendesse qualcosa di più.
Qual è stato l’atteggiamento dei due sfidanti, Salvini e Cesarino Monti?
Tra i due contendenti c’è stata grande freddezza, e nel suo saluto finale Salvini non ha né citato né ringraziato l’avversario. La polemica di Cesarino Monti è stata veramente forte, anche contro il presenzialismo tv di Salvini. Le acque interne non sono del tutto quiete, anche se i maroniani ormai hanno largamente il controllo della situazione.
Qual è stata l’accoglienza riservata a Bossi dal congresso di Bergamo?
La platea congressuale è composta dai cosiddetti “soci ordinari militanti”, cioè sostanzialmente dalla vecchia guardia: sicuramente Bossi non è stato accolto male. Una parte dei giovani sono più salviniani o maroniani che bossiani, e questa volta non ci sono state contestazioni a Bossi, mentre ci sono state anche in modo piuttosto rumoroso nei confronti di Cesarino Monti.
Quali sono invece gli umori della base?
Nella base alcune vicende relative a Bossi, soprattutto quelle che riguardano il figlio Renzo, sono risultate molto indigeste. La base è più maroniana del congresso, ma in ogni caso anche il congresso ha sostanzialmente incoronato per interposta persona Maroni. Se domani nel congresso veneto, ugualmente importante, non ci saranno sorprese e si registrerà un’affermazione netta di Tosi, a quel punto Maroni avrà messo in cassaforte il risultato del congresso di fine giugno.
Che cosa si aspetta invece dal congresso di domani a Padova?
Sarà più combattuto, anche perché Bitonci è meno bossiano e Flavio Tosi è un candidato molto forte e molto scomodo, che quindi a una parte della base può non piacere perché è ancora più polemico in alcune uscite rispetto a Salvini. Il match si preannuncia più equilibrato, ma vedo in vantaggio il sindaco di Verona.
Fino a che punto la base è pronta ad avere Maroni come leader?
Maroni sta facendo una politica di dichiarazioni basata sul fatto che la prossima Lega sarà quella di Maroni e di Bossi. Sa infatti molto bene che non può fare a meno del Senatur, e come figura di padre nobile ne ha bisogno anche per legittimare il suo ruolo. Ritengo molto significativo l’abbraccio che c’è stato tra Bossi e Maroni.
Perché?
Perché comunque conferma che l’accordo tra i due c’è e che questo accordo regge. E’ un continuo legittimare questo patto tra i due, dove Bossi fa il presidente e Maroni il segretario. E’ una diarchia molto difficile, soprattutto con una personalità fortissima come Bossi. E’ però l’unica strada che ha la Lega per evitare di spaccarsi.
Quindi non è Maroni che scalza Bossi, ma un passaggio di poteri graduale e concordato?
Sì, perché altrimenti si sarebbe andati alla lacerazione e alla frantumazione del partito. Alla fine si è scelta invece una soluzione che tiene dentro tutti quanti. Poi bisognerà vedere, quando Maroni avrà avuto l’investitura, se questo equilibrio si consoliderà. Per il momento questo equilibrio c’è, poi ne parleremo dal primo luglio in avanti.
(Pietro Vernizzi)