È più che motivata la soddisfazione di Mario Monti dopo la riunione del Consiglio europeo di ieri, ma soprattutto dopo l’incontro fiume tra i paesi dell’Eurogruppo nella quale si è riusciti per la prima volta ad andare contro le volontà di Angela Merkel. Nella dichiarazione finale dei paesi della zona euro ci sono infatti alcune misure fondamentali come il cosiddetto scudo anti-spread o la ricapitalizzazione diretta delle banche.
«Affermiamo che è imperativo spezzare il circolo vizioso tra banche e debito sovrano […]. Una volta istituito, per le banche della zona euro, un efficace meccanismo di vigilanza unico con il coinvolgimento della Bce, il Mes potrà avere facoltà, sulla scorta di una decisione ordinaria, di ricapitalizzare direttamente gli istituti bancari”. “Affermiamo il nostro forte impegno a compiere quanto necessario per assicurare la stabilità finanziaria della zona euro, in particolare facendo ricorso, in modo flessibile ed efficace, agli strumenti Fesf/Mes esistenti al fine di stabilizzare i mercati per gli Stati membri che rispettino le raccomandazioni specifiche per Paese e gli altri impegni, tra cui i rispettivi calendari, nell’ambito del semestre europeo, del patto di stabilità e crescita e delle procedure per gli squilibri eccessivi”.
Un coinvolgimento molto più importante per la Banca centrale europea per quanto concerne i meccanismi per la stabilità e un utilizzo più intelligente e fruttuoso del Fondo salva-Stati. I leader europei si sono finalmente accorti che il baratro era incredibilmente vicino e che gli occhi miopi dei tedeschi non potevano diventare gli occhi di tutti gli europei. Una spallata alla Cancelliera, come quella dell’accoppiata Monti-Rajoy della scorsa notte, doveva prima o poi avvenire.
Ora è bene che la Merkel, ma anche i vertici delle Istituzioni europee e degli Stati Membri imparino a memoria una frase di Thomas Mann risalente a quasi sessant’anni fa, ripresa nei mesi scorsi da Helmut Kohl: “Non vogliamo un’Europa tedesca, piuttosto una Germania europea”. Il Consiglio europeo (formato da tutti e 27 i paesi membri Ue, non solo quelli dell’eurozona), le cui conclusioni sono arrivate nel pomeriggio di ieri, si è mostrato d’accordo con le decisioni prese la notte precedente nel vertice ristretto tra i paesi aderenti alla moneta unica.
Occorre tuttavia mantenere una certa prudenza riguardo al futuro. Non dimentichiamo che al di là della posizione di Angela Merkel c’è un numero cospicuo di paesi che considerano le proposte di Italia e Spagna soltanto come un’aspirina nei confronti dei problemi strutturali dell’Unione europea. Questi paesi pretendono dagli Stati dell’area Sud dell’Europa quelle riforme strutturali che fino a oggi siamo stati reticenti ad attuare.
Dal vertice dei giorni scorsi sono emersi essenzialmente due elementi: innanzitutto il bisogno di garantire il tentativo di Monti. Ho avuto un incontro questa settimana con il Primo ministro finlandese Katainen che tra il blocco dei paesi dalla tripla A è forse quello più duro per quanto riguarda le esigenze di riforma. Ha messo in luce il bisogno di garantire a Mario Monti le condizioni per completare le riforme strutturali che ha inteso portare avanti in questi mesi. D’altro canto, riferendosi alla proposta pre-vertice di Monti, di utilizzo del fondo salva-stati è stato determinatissimo: “Se accettiamo la formulazione di Monti ci troviamo senza soldi entro la fine dell’anno”. Ciò che è venuto fuori dal vertice è stato la mediazione tra questi due estremi: salvare l’Italia è salvare l’euro e salvare l’Europa intesa anche come progetto politico.
L’Italia deve anche saper sfruttare questi risultati positivi nel prossimo futuro. Il tempo che avrà a disposizione il presidente Monti da qui alle elezioni politiche dell’anno prossimo non sarà sicuramente sufficiente. I maggiori partiti dovranno dare una dimostrazione di responsabilità ancor più grande di quella messa in campo oggi: occorre un’agenda condivisa per l’Europa, che ci permetta di fare ciò che molti paesi europei (in particolare quelli a tripla A) hanno già fatto da tempo. Per fare questo chiunque sarà chiamato a governare il Paese dovrà coinvolgere in tutto e per tutto l’avversario di sempre.
In questo momento così difficile per il Paese, cioè, serve un patto tra Pd e Pdl per riformare lo Stato. Bisogna fare campagna elettorale su ciò che ci unisce e non su ciò che ci divide, per il bene del nostro Paese.