L’“operazione verità” chiesta dal presidente del Senato, Renato Schifani, al Popolo della Libertà, in una lettera-manifesto pubblicata da Il Foglio, agita le acque del partito di Silvio Berlusconi. “Responsabilità” o “grillismo d’importazione”, questo l’aut aut posto dalla seconda carica dello Stato per cercare di fermare la “deriva movimentista” delle liste civiche. Si attende la replica dei falchi, mentre il segretario Alfano e il capogruppo alla Camera Cicchitto si stringono attorno a Schifani.
«Si è creato un asse molto solido in difesa del Pdl di Alfano, sempre più distante dal Pdl di Berlusconi – spiega a IlSussidiario.net Fabrizio D’Esposito –. L’ala fedele al segretario ha infatti messo in campo la figura istituzionale più importante del partito per fermare la “deriva grillina” portata avanti dai cosiddetti “cattivi consiglieri” del Cavaliere. È un vero e proprio atto di ribellione verso il fondatore del partito. La fedeltà non viene messa in discussione, a condizione che non venga messo a repentaglio il Popolo della Libertà con l’esperimento delle liste civiche».



Quali sono i rapporti di forze tra le due anime del Pdl?

Dopo settimane di esaltazione generale per le liste, che ha interessato anche la sinistra, la risposta dei partiti, a cominciare dal Pdl, inizia a farsi sentire. Non a caso l’intervento di Schifani ha trovato ospitalità sul quotidiano di Giuliano Ferrara che nella tentazione grillina vede il corridoio privilegiato per far finire l’Italia come la Grecia.
Difficile dire però se questa mossa possa sortire gli effetti sperati. Il Pdl è comunque in caduta libera in tutti i sondaggi, terzo dopo Pd e Grillo, mentre la Lega Nord è ormai dimezzata. Qualcosa dovranno inventarsi. Su questo fronte si sta infatti riorganizzando una destra protestataria.



E chi sta riuscendo a catalizzare?

La Santanché è in prima fila, spalleggiata da Libero e Il Giornale. La protesta contro l’Imu e il referendum contro l’euro sono solo le due ultime proposte di quest’area, sulla scia dell’estrema destra che sta alzando la voce in tutta Europa. Attorno a lei ci sono i fedelissimi del Cavaliere.
Con Alfano, invece, per ragioni diverse, c’è la nomenclatura di partito, i moderati, e coloro che moderati non sono, ma che in questo momento puntano soltanto a difendere il Pdl.

A chi si riferisce?

Ad esempio agli ex An. Grazie all’intervento di Marcello Veneziani sul Secolo d’Italia in quell’area si è riaperto il dibattito sull’ipotesi di rifondare una sorta di nuova Alleanza Nazionale, magari guidata da un leader donna (si parla della Meloni o della Prosperini).
È un’ipotesi d’emergenza però, da tenere pronta nel caso in cui il Pdl dovesse davvero disgregarsi. Nel frattempo, nonostante i dubbi sull’operato di Monti, i vari La Russa e Gasparri sono allineati dietro ad Alfano.
In mezzo ai due schieramenti c’è un gruppo di “montezemoliani”, come lo stesso Stracquadanio, che non sembra più credere né in Alfano né in Berlusconi. Per loro il Pdl è un esperimento fallito, ma Berlusconi non è più in grado di estrarre “conigli dal cilindro”.



Ma chi si sta muovendo nella logica delle elezioni ad ottobre?

In Berlusconi sembrano convivere una componente grillina, sensibile agli appelli della Santanché che portano dritti verso le elezioni anticipate, e un’anima più realista e attenta non solo ai processi in corso, ma anche al destino delle aziende di famiglia. 
Alfano sembra avere una sponda al Quirinale e non si è mai esposto in questo senso. Non dimentichiamoci che il richiamo di Schifani e perfettamente in linea con quelli che il presidente Napolitano ha rivolto in queste settimane, senza evitare degli attacchi mirati a Grillo.
È ancora presto per capire chi prevarrà anche se forse si può già azzardare un altro tipo di bilancio.

Quale?

La segreteria di Alfano si sta rivelando fallimentare, dato che anche l’ipotesi semipresidenzialista sembra destinata a non portare frutto. E nonostante la sua difesa strenua dell’autonomia del partito, il Pdl resta ancora una creatura in ostaggio di Silvio Berlusconi. D’altra parte, se si andasse a votare, lui è ancora l’unico ad avere i voti. E lo stesso non si può dire di Alfano e Schifani…

(Carlo Melato)