Il giorno della direzione nazionale del Partito Democratico, dopo numerosi rinvii, è arrivato. Dal suo segretario il Pd si aspetta un’indicazione chiara sulle alleanze e su come verrà scelta la leadership in vista delle prossime elezioni politiche. «Per quello che ci riguarda manterremo il patto di assoluta lealtà fino al 2013» ha già chiarito Pier Luigi Bersani, smentendo il responsabile economico del partito, Stefano Fassina. Il nodo della coalizione e quello delle primarie restano comunque aperti.
«Credo che nessuno abbia davvero l’interesse di andare al voto in queste condizioni – spiega a IlSussidiario.net, Antonio Polito –. I democratici vincerebbero quasi sicuramente, forse anche senza Di Pietro, ma non riuscirebbero a governare. Meglio far passare il tempo e organizzare la difesa dall’avanzata grillina. Non è da escludere che il vento cambi e che il “laboratorio Parma” fallisca, rendendo molto meno pericoloso il Movimento 5 Stelle nel 2013. Detto questo, i principali partiti devono fare attenzione. Nessun governo vive su una bolla d’aria. E se l’appoggio dei partiti dovesse continuare a essere così poco convinto l’esecutivo potrebbe anche cadere improvvisamente, a causa di dinamiche autonome, senza alcuna apparente “spallata”».
Il rischio di “stallo” del Parlamento e del governo Monti, sottolineato nei giorni scorsi da Fassina, è reale secondo lei?
La preoccupazione è giusta, ma il responsabile economico di uno dei principali partiti della maggioranza non è un semplice commentatore. Sono i partiti che devono scegliere se appoggiare un esecutivo, non sono i governi a decidere se hanno o meno una base solida.
Ovviamente questa ambiguità ha alla base dei nodi ancora da sciogliere. Il Partito Democratico deve ancora dirci infatti cosa vuole fare e con chi. E non è detto che oggi lo scopriremo.
Quale tipo di decisione si aspetta?
Il Pd deve decidersi: o sceglie di sposare la linea dell’austerità portata avanti da Monti o segue Hollande sul terreno delle politiche keynesiane. Le due cose non possono stare insieme e non vanno nemmeno bene per tutte le coalizioni. Sarebbe credibile una coalizione “rigorista” con Vendola e Di Pietro? Non credo. E non si può nemmeno ripetere all’infinito che le alleanze si decidono dopo.
Se invece manca ancora un progetto di governo credibile da proporre al Paese io non penserei alle primarie, ma a un lavoro di mobilitazione e di ascolto della società italiana.
Cosa intende dire?
Se fossi il segretario del Partito Democratico andrei in giro per l’Italia ad ascoltare le categorie e gli enti locali. Non farei altro. Le primarie sono un momento straordinario di partecipazione, ma non sono meno politiciste della politica di tutti i giorni. Soprattutto se si mette in piedi una macchina organizzativa di questo tipo solo per arrivare a una resa dei conti con chi contesta la leadership, come Matteo Renzi.
Secondo i retroscena anche Massimo D’Alema sarebbe molto scettico su questa scelta.
Le primarie in ottobre concentrerebbero il partito sullo scontro interno, senza nemmeno conoscere la natura della coalizione di centrosinistra. Diverso se fossero primarie di coalizione con diversi candidati del Partito Democratico. In quel caso l’esito conosceremmo lo schema delle alleanze e l’esito sarebbe meno scontato.
Detto questo non credo che saranno le primarie a fermare le riforme. Nessuno crede davvero alla riforma semipresidenziale del Pdl. La proposta è valida e ha una sua coerenza, ma bisognava pensarci prima. Le elezioni sono troppo vicine per riscrivere insieme le basi della Repubblica italiana.
A proposito di Popolo della Libertà, la lettera di Schifani di ieri contro il rischio di una “deriva grillina” del partito ha agitato le acque nel partito di Berlusconi.
È vero, ma credo che il dibattito sia piuttosto sterile. È difficile infatti immaginare di costruire su basi nuove il partito se la leadership rimane sempre la stessa. Con tutto il rispetto per il presidente del Senato, le sue tesi rischiano di non incidere.
Per quale motivo?
Credo che sia evidente che Berlusconi sia tentato di scegliere la strada del populismo per rilanciare un partito in difficoltà. D’altra parte, Forza Italia si è trasformata in un partito, ma non ce l’ha fatta e ora il Cavaliere ha voglia di farla tornare un movimento. Quanto siano più o meno pacchiane le forme che prenderà dipenderà dal tasso di grillismo, onestamente ridicolo per un partito che ha governato per 10 degli ultimi 17 anni.
Alla luce di quanto sta accadendo nel Pd e nel Pdl, quanto è solido il governo di Mario Monti? Secondo il Professore l’esecutivo «ha perso il sostegno di un grande quotidiano, espressione autorevole di poteri forti, e di Confindustria».
Questa dichiarazione è certamente un segnale di nervosismo. La stampa libera fa infatti il suo lavoro di analisi e di giudizio del potere di governo. Ed è lo stesso esercizio che per anni lo stesso professor Monti ha svolto criticando, anche aspramente, le politiche governative, senza che per questo le sue tesi fossero attribuite ai poteri forti, ma alla forza del suo pensiero. Credo che la stessa presunzione di indipendenza dovrebbe valere anche per Alesina e Giavazzi.
Detto questo, se il voto non conviene al Pd, figuriamoci se il Pdl può augurarsi di spartire con tutti gli altri partiti i pochi seggi che il Porcellum riserva all’opposizione. Come dicevamo prima però o si passa a un sostegno propositivo e convinto o il governo tecnico rischia di crollargli addosso…
(Carlo Melato)