Primarie aperte entro l’anno, no al presidenzialismo proposto dal Pdl, elezioni nel 2013 e un cartellino giallo per Antonio Di Pietro. La relazione di Pier Luigi Bersani alla Direzione nazionale del Partito Democratico, votata all’unanimità, ha raccolto gli apprezzamenti anche dell’opposizione interna, a cominciare dal sindaco di Firenze, Matteo Renzi. 
«Il segretario ha confermato quello che era stato preannunciato alla vigilia – spiega a IlSussidiario.net Peppino Caldarola – ed è riuscito ad “allargare” la foto di Vasto, aprendo le porte ai moderati e alle liste civiche senza farsi rinchiudere da Vendola e Di Pietro».



La “lista Repubblica” potrebbe quindi tornare in campo secondo lei?

Se rimaniamo alle smentite ufficiali né Scalfari né Saviano ne faranno parte. Dopo il via libera di ieri però nulla vieta che nasca qualcosa di molto simile. L’arcipelago di forze alleate che troverebbero spazio nello “schema Bersani” dovrebbe comunque limitare il rischio di un’Opa ostile da parte di una ristretta cerchia di intellettuali. La “carta d’intenti” da sottoscrivere prima delle elezioni dovrebbe invece limitare l’esuberanza di Di Pietro.



L’ipotesi delle elezioni anticipate a questo punto è da scartare.

Direi di sì, la questione posta da Fassina aveva anche delle ragioni valide che però non si conciliavano con i tempi tecnici. Per votare in ottobre servirebbe infatti una crisi rapida, lo scioglimento delle camere prima dell’estate e, soprattutto, il consenso di Giorgio Napolitano. Non era credibile che il Capo dello Stato decidesse di prendere questa decisione come ultimo atto del settennato.

Per quanto riguarda il fronte interno, il segretario del Pd è riuscito davvero a compattare il partito?

Direi di sì. Tutte le componenti possono in qualche modo essere soddisfatte perché hanno ottenuto qualcosa. I veltroniani vedono un riconoscimento dell’antica vocazione maggioritaria del partito, l’area della Margherita può essere soddisfatta del fatto che Idv e Sel non potranno fare la voce grossa e i rottamatori hanno avuto le primarie. Gli unici insoddisfatti restano i prodiani.



Le critiche di Romano Prodi di oggi vanno lette in questo senso?

È la seconda volta nelle ultime settimane che il Professore lascia intendere che non è più innamorato della sua creatura politica. Ieri ha criticato il partito per le nomine Agcom, mentre il prodiano Parisi ironizzava sugli annunci del segretario. Sono segnali di insoddisfazione di chi vuole prendere le distanze e non farsi coinvolgere, anche se forse non ha ancora un progetto alternativo.

La vigilia della direzione era stata segnata anche dalle tensioni tra il segretario e un’altra figura autorevole della sinistra come Massimo D’Alema. 

Penso proprio che da questo punto di vista sia tutto risolto. D’Alema aveva chiaro in mente che la strada delle primarie per Bersani era praticamente obbligata, ma aveva bisogno di garanzie sul fatto che non venisse costruita l’ennesima coalizione fatta solo per vincere e non per governare. 
Sempre da D’Alema è poi arrivata una proposta interessante: organizzare le primarie del Pd e del Pdl nello stesso giorno. Potrebbe essere un ottimo modo per riavvicinare i cittadini ai partiti, evitando tra l’altro le polemiche sui voti di disturbo.

Ma il Partito Democratico non rischia un clamoroso autogol se dovesse ripetersi ciò che a livello locale è successo a Milano, Genova e Napoli? 

Non c’è dubbio che le primarie siano un terno al lotto. Dovremo aspettarci numerosi candidati, anche se sarà comunque una gara a tre: Bersani, Vendola e Renzi. 
Il segretario del Pd si presenterà con la “tranquillità” di Hollande, Renzi punterà sul nuovismo e Vendola cercherà di aggregare un’area articolata che sta alla sinistra dei democratici. In linea di massima il segretario dovrebbe spuntarla, anche se non è affatto scontato.

All’interno dello schema proposto da Bersani c’è secondo lei un piccolo spiraglio lasciato anche a Pier Ferdinando Casini?

Il leader dell’Udc resta una vera e propria incognita della politica italiana, ma il segretario dei democratici guarda anche a uno scenario post-elezioni. In un clima da costituente anche il centro potrebbe fare la sua parte. La decisione però deve spettare a Casini.

(Carlo Melato)