“Silvio Berlusconi è responsabile della deriva del Pdl, che lo sta trasformando da riferimento indiscusso dei moderati in Italia a un rappresentante del qualunquismo populista in competizione con Beppe Grillo. Per i riformisti del Pd, un’alleanza con un centrodestra che sta subendo una mutazione antropologica di queste proporzioni è impensabile. Solo Pd, Udc e la sinistra di governo di Nichi Vendola possono garantire un governo politico dopo il 2013”. Ad affermarlo è Giuseppe Fioroni, deputato del Partito Democratico intervistato da Ilsussidiario.net.
Onorevole Fioroni, ieri il governo Monti al Consiglio Europeo ha conquistato un indiscutibile successo politico …
Il Paese sta attraversando un dramma economico-finanziario e il vertice europeo sembra offrirci qualche soddisfazione. I risultati di Bruxelles non risolvono però i problemi dell’Italia e nemmeno il compito che spetta a Monti fino al 2013. Per arrivare fino a marzo prossimo è necessario un impegno politico forte. Ciò significa che le forze che hanno dato vita alla maggioranza di governo, cioè Pd, Pdl e Udc, devono riuscire a fornire al governo Monti il sostegno di cui ha bisogno, o a livello politico e programmatico, o chiedendo il coinvolgimento dei leader dei tre partiti all’interno del governo. Il problema di fondo è che questa operatività è minata da una mutazione genetica del Pdl e del centrodestra.
In che cosa consiste questa mutazione?
Nel fatto che è finita la magia di Berlusconi. Per 20 anni il Cavaliere è riuscito a fare sì che qualunque estemporanea “nefandezza” mettesse in piedi, non ne minasse il ruolo di punto di riferimento indiscusso dei moderati di questo Paese. Oggi tutto ciò è arrivato al capolinea. Berlusconi ha degradato e svilito la sua leadership moderata, che per i moderati non è più minimamente un punto di riferimento. Al suo posto è subentrato un populismo qualunquista che rappresenta ormai un segmento esagitato di nicchia. Quando Berlusconi propone all’Italia di uscire dall’euro, significa che sta candidando il nostro Paese a essere la punta di diamante del Nord Africa. I titoli di Stato di Roma in questo modo non saranno più paragonati a quelli di Berlino, ma a quelli del Cairo.
Quali sono le conseguenze delle esternazioni del Cavaliere?
La conseguenza è quella di fare sì che il di più di politica che serve al governo Monti sia messo in discussione. Più politica non significa votare 20 fiducie in più, ma essere costruttori di progetti di riforma che vanno realizzati in maniera rapida e condivisa, sposando crescita ed equità con il rigore economico di cui abbiamo bisogno. In questo contesto, poiché le Camere si scioglieranno in gennaio, dobbiamo costruire per l’Italia la credibilità e l’autorevolezza di un governo politico che risolva i problemi. Monti ha bloccato la caduta nel baratro, ma il debito dell’Italia non è stato scalfito e gli interventi profondi di cui c’è necessità non sono stati realizzati. Saranno quindi a carico della prossima alternativa di governo politico.
Come vede il futuro del Paese?
Come ai tempi di Aldo Moro, oggi noi abbiamo l’opportunità di riunire il grande centrosinistra per ricostruire l’Italia, tirarla fuori dalla crisi e avere una nuova stagione di crescita. Che tutto ciò si realizzi dipende dall’incontro tra moderati e riformisti, e non si può insultare Casini perché dice: “Io faccio l’accordo con i riformisti”. Casini sarebbe fuori di senno se pensasse di allearsi con l’ex leader dei moderati Berlusconi, che oggi fa l’ultrà del populismo e del qualunquismo candidandosi a essere l’alternativa a Grillo, che certamente va bene per una piazza ma non per il Paese.
Il portavoce del Partito Democratico, Marco Follini, ha proposto però un’alleanza tra Pd, Udc e Pdl …
Ciò su cui sono d’accordo con Follini è che la dicotomia o la distinzione tra Berlusconi e il Pdl dovrebbe essere normale in tutti quei grandi partiti nei quali esiste una pluralità del gruppo dirigente e un’alternanza dei leader. Il principale partito del centrosinistra ha avuto come leader Romano Prodi, Massimo D’Alema, Valter Veltroni, Dario Franceschini e Pierluigi Bersani. In questo modo abbiamo creato le condizioni del cambiamento, scindendo le vicende del singolo leader da quelle del soggetto politico. Al contrario, Berlusconi è il Pdl o meglio, senza Berlusconi il Pdl non ha il consenso: è questo è il vero problema. Quando si parla di moderati e riformisti in una stagione di emergenza, i ragionamenti di Follini possono anche essere guardati. Ma se il Pdl senza Berlusconi scende dal 19% ai livelli di un piccolo partito, allora questo dato dobbiamo tenerlo presente.
E quindi?
Stando queste condizioni, l’alleanza tra moderati e riformisti può essere solo quella tra il Pd, Casini e i moderati che romperanno con tutti i sistemi rigidi della seconda Repubblica. Ritengo necessaria inoltre un’alleanza concordata e condivisa sul programma con la sinistra responsabile e di governo rappresentata da Nichi Vendola.
Che cosa ne pensa delle dichiarazioni di Renzi, secondo cui chi vince le primarie deciderà le alleanze?
Io ho apprezzato che Bersani abbia proposto di fare le primarie. La politica è però l’arte di saper comprendere i segni dei tempi. Oggi c’è la disponibilità di Casini, c’è la non indisponibilità di Vendola, e quindi le primarie che sono uno strumento a disposizione della politica non devono diventare l’elemento che fa saltare ciò che permette il governo del Paese, e cioè un’alleanza seria e credibile. Se noi mettiamo in piedi delle primarie all’insegna del contarci tra noi, con un iper-protagonismo del Pd, rischia di essere solo controproducente.
(Pietro Vernizzi)