Silvio Berlusconi è “ridisceso in campo” e questo ha aperto un ventaglio di problemi ancora più ampio sul dopo-Monti. Che cosa abbia in mente il Cavaliere non è ben chiaro, perché appare abbastanza problematico pensare che, alla “verde” età di 77 anni, cioè tra un anno, possa riprendere la leadership dell’area dei moderati italiani nelle prossime consultazioni elettorali del 2013. E poi, in una simile situazione di “stato di emergenza” economica e politica, chi può immaginare quello che può succedere nei prossimi mesi sino alle elezioni italiane? Ma l’uscita di Berlusconi potrebbe rappresentare, alla fine, solo la punta di un iceberg di quello che sta accadendo nel panorama politico italiano. Il Cavaliere ha forse messo tutti di fronte a un possibile “grande disturbo”, nella prospettiva di una sua trattativa globale, non solo di carattere politico.



Nei giorni scorsi, all’interno del Palazzo, e rimbalzando da un palazzo all’altro, correva un’altra voce, quella della nomina di un senatore a vita, in sostituzione di Sergio Pininfarina. Le voci, i rumors e i boatos, si sa, hanno sempre un peso relativo, ma questa “soffiata” aveva una certa logica e un certo appeal. Sostanzialmente, si diceva e si riportava che in Senato sarebbe entrato un altro protagonista, un “nuovo tecnico” che vuole scendere da tempo nell’agone politico, niente meno che Luca Cordero di Montezemolo.



Con quella “voce dal sen fuggita”, si dava peso a ciò che lo stesso Montezemolo aveva ventilato con alcuni interventi nei mesi scorsi. Il presidente della Ferrari aveva dato indicazioni per un appuntamento, per una grande manifestazione il 14 luglio, anniversario della “presa della Bastiglia”, dove con “Italia futura” avrebbe avuto probabilmente l’intenzione di rappresentare un momento di grande discontinuità rispetto all’attuale corso della politica italiana.

L’appuntamento sembra che ormai sia saltato, così come è saltata anche l’ipotesi di una sostituzione, al posto di Berlusconi, di un leader dell’area moderata diverso, meno ingombrante e più in linea con l’europeismo del “tecnicismo” dell’attuale governo. Luca Cordero di Montezemolo appunto.



Forse con un po’ troppo schematismo, si faceva notare che anche Mario Monti, poco prima della caduta del “governo Berlusconi”, era stato cooptato tra i senatori a vita, per garantire una caratura politica a un uomo che con la politica aveva avuto solo contatti di competenza tecnica in materia economica e finanziaria. Quindi, secondo uno schema semplicistico (due più due fa quattro), si era indotti a pensare che, nell’eventualità di un dopo-Monti, sarebbe stato pronto un altro senatore a vita che veniva dal mondo della società civile “che conta”. Non un professore universitario, ma l’ultimo rampollo di una dinastia imprenditoriale che ha dato tanto ma che ha anche avuto altrettanto dal Paese.

Quello che ci si chiede, anche di fronte a queste semplici “voci”, è se tutto questo sia il percorso più lineare e migliore per il rinnovamento della politica italiana. C’è la necessità in questo momento di un autentico rinnovamento della classe politica italiana, di un grande dibattito democratico che porti a scelte coraggiose e a una autentica rappresentanza della società civile italiana. E’ difficile immaginare che questo possa verificarsi al di fuori delle grandi culture politiche che hanno caratterizzato la storia italiana dall’ultimo dopoguerra. Si possono rinnovare queste culture politiche , anzi si devono rinnovare, ma non sostituire con improvvisate operazioni  di marketing o di autocandidature.

Le  “novità” improvvisate, alla fine, hanno il respiro corto, possono illudere i cittadini per un periodo di tempo breve. Poi arriva sempre il momento in cui si misura la capacità di iniziativa politica di un leader, poi quella di governare in base a un programma realistico da indicare e anche sulla presenza nel territorio di un’organizzazione politica, così come era per i vecchi partiti politici italiani.

Non sarebbe il caso che, in una fase storica come questa, i protagonisti della politica o degli aspiranti politici ripartissero dai fondamentali di una società democratica e rinunciassero, una volta per tutte, ai colpi di scena ? Con tutto il rispetto che si deve a chi si impegna nel dibattito civile e politico, come “Italia futura”, qualcuno potrebbe chiedere a questi aspiranti leader: “Ma dove siete finiti?”