La nemesi del Pd potrebbe assumere i connotati del faccione bonario di Prodi. Non è un mistero, del resto, che il Professore, da tempo, covi un certo rancore nei confronti del partito che lo ha blandito per anni per, poi, non pensarci due volte ad archiviarlo in fretta e furia. All’indomani della caduta del suo ultimo governo, infatti, rivelò che i suoi veri nemici si trovavano in seno allo schieramento che lo aveva sin lì sostenuto e che Berlusconi, in fondo, non era nient’altro che un semplice avversario. Semplici considerazioni, che aumentano la credibilità di alcune recenti ricostruzioni che vedono il professore e Matteo Renzi in ticket contro la vecchia nomenclatura del Pd. Lo schema potrebbe essere duplice: Renzi candida Prodi alla presidenza del Consiglio per farne il vice; Renzi si fa appoggiare da Prodi, sgombra così il campo da ogni equivoco circa la sua volontà di sfasciare il centrosinistra, vince le elezioni e trova un posto di prestigio per l’ex premier, magari al Colle. Pura fantasia? Lo abbiamo chiesto a Fabrizio Rondolino, giornalista e scrittore.  



Come valuta l’eventualità?

Ad un’ipotesi del genere, credo che non si possa rispondere che con una risata. Se fosse vero, significherebbe che il rottamatore intende fasi promotore della cosa più antica che esista nella seconda Repubblica. E’ pur vero che questo, effettivamente, farebbe il palio con il ritorno di Berlusconi. Detto ciò, non si tratta, ovviamente, di quello di cui ha bisogno il Paese; presumo, quindi, che la suggestione, in fondo, sia priva di fondamento.



Accreditata da chi?

Potrebbe essere da chiunque, da chi gli vuole male come da  un collaboratore zelante che ha avuto la pensata e l’ha intesta a Renzi. Il flusso delle notizie funziona in maniera tale che l’ipotesi potrebbe essere semplicemente il frutto di una chiacchierata a tavola.

In ogni caso, la frequentazione tra i due, pare accertata

Da questo, invece, sì che può discendere un dato politico.  Il “renzismo”, infatti, è assimilabile ad una sorta di “ulivismo” in chiave moderna.

Ovvero?

Si tratterebbe di una forza riformista capace di andare al di là della vecchie categorie di appartenenza politiche – popolari, democristiani e comunisti – in cui continua ad essere diviso il Pd. L’Ulivo, in fondo, aveva l’ambizione di superare le differenze partitiche per sottolineare l’aspetto riformista.  



Sta di fatto che Arturo Parisi, l’uomo considerato più vicino a Prodi, non ha mai nascosto il suo appoggio a Renzi

Non facciamoci ingannare dalle posizioni del ceto politico o dal circuito mediatico; non contesto il fatto che Parisi intenda appoggiare Renzi; ma la forza del sindaco di Firenze non sta di sicuro in questo.  

In cosa, allora?

Nel non aver bisogno di padrini di alcun tipo, per quanto nobili. E, soprattutto, nella capacità di parlare ad un elettorato deluso dalla sinistra conservatrice di oggi, che non capisce perché debba essere legata a doppio filo alla Fiom o alle Procure.

Tuttavia, resta il fatto che l’ex presidente del Consiglio potrebbe cavalcare l’onda del rinnovamento per rispolverare le sue ambizioni quirinalizie ridimensionate, di recente, da Monti

Una cosa sono le legittime ambizioni di Prodi a diventare presidente della Repubblica; anzi, farebbe bene a esplicitarle per aprire un serio dibattito. Un’altra, essere candidato al Colle dal sindaco di Firenze.

A proposito di candidature, crede che le primarie, alle fine, si faranno?

Nonostante la capacità della sinistra di costruirsi della trappole da sola, ogni vola che si trova in vantaggio, credo di sì.

Il ritorno di Berlusconi suscita qualche timore nella sinistra?

Il rischio, più che altro, anche dal punto di vista della sinistra stessa, è che il ritorno di Berlusconi resusciti anche l’antiberlusconismo. E che, facendo finta che non esistano differenze programmatiche, si costruisca l’ennesima Armata Brancaleone che va da Di Pietro a Casini, dalla Fiom a Enrico Letta.

 

(Paolo Nessi)