Vittorio Sgarbi ha presentato il suo progetto politico di cui parlava da tempo. Un nome che è un programma: il Partito della Rivoluzione. Nel corso di un incontro pubblico tenuto a Milano davanti a un folto numero di possibili simpatizzanti, nel suo classico stile il critico d’arte ha spiegato alcuni dei punti del suo progetto. Ad esempio, invece di dare il matrimonio anche agli omosessuali, Sgarbi propone di abolirlo anche per gli eterosessuali. La scuola? Non ha senso andare a scuola alle otto di mattina, dice, è provato che fino alle dieci e mezza non si combina nulla, io non combinavo nulla. Alfano non è in grado di guidare il Pdl, aggiunge entrando nei dettagli politici, perché passa il tempo a occuparsi della Minetti, Berlusconi è meglio che non lasci il partito nelle sue mani. A proposito dell’idea fondante per il suo partito, dice che Beppe Grillo oggi ha ascolto perché protesta, ma dopo aver protestato, dice, devi avere delle idee e Grillo non ha idee su come governare. Beppe Grillo, spiega, non sa chi è Simone Martini, quello che per Sgarbi è il secondo pittore italiano e se non conosci Simone Martini e l’arte italiana non puoi governare. A Grillo, conclude, interessa la Minetti. Dell’ex ministro degli interni Maroni dice che è stato il peggior ministro degli interni che l’Italia abbia mai avuto perché ha spacciato l’idea propagandistica che la mafia è solo nel sud Italia e così facendo ha spianato la strada all’effetto Saviano. Alla presentazione del suo partito Sgarbi aveva invitato Umberto Bossi e Rosi Mauro che però non si sono presentati. E’ stata la prima di “cinque giornate” come ha detto Sgarbi, per presentare all’Italia il suo progetto politico che comunque sembra muoversi nell’area del centro destra e in concordia con Silvio Berlusconi. In una intervista rilasciata a IlSussidiario.net ad esempio Sgarbi ha reclamato la paternità della decisione di Berlusconi a tornare in campo. Aveva infatti detto: “La sua decisione è il frutto della mia continua frequentazione e di quella di un gruppo di amici che fanno parte del mio progetto rivoluzionario; persone come Volpe Pasini che, ben lungi dallo svolgere il ruolo di guru che gli è stato attribuito, ho portato con me ogni volta che ho fatto visita al Cavaliere. Con la differenza che mentre io mantengo un atteggiamento più dialettico e problematico, lui ha mostrato una convinta e quasi fanatica ammirazione nei suoi confronti. Diciamo che sono stato il veicolo di un gruppo di persone che l’ha convinto che doveva e poteva tornare”.