Per varie ragioni, su cui evidentemente ognuno ha le sue interpretazioni, purtroppo la riforma elettorale non appare affatto imminente, almeno fino a settembre. Al di là delle recriminazioni degli ultimi giorni, in realtà dopo le amministrative si è obiettivamente perso il bandolo della matassa. Il dibattito precedente, che del resto riprendeva quello di fine 2007, aveva individuato due problemi:



A) le lunghe liste bloccate non consentono la conoscenza tra eletti ed elettori, ma le preferenze sarebbero un’anomalia nel panorama delle grandi democrazie;

B) la rottura delle alleanze disomogenee, incapaci di reale governabilità mette in discussione il grande premio di coalizione (54% dei seggi alla Camera) che rischia di essere assegnato a un partito o a una coalizione con meno del 30% dei voti.



A questi due problemi erano state date due soluzioni:

A) l’esigenza di riportare i candidati sulla scheda elettorale secondo gli standard delle grandi democrazie e, nello specifico, di quella tedesca, metà in collegi uninominali maggioritari e metà su liste corte;

B) una logica spagnola, nel senso di determinare una significativa correzione della proporzionale a favore delle liste più votate assegnando i seggi a livello di circoscrizione e non cumulando quindi i resti sul piano nazionale.

Si trattava del cosiddetto sistema elettorale ispano-tedesco, che si era concretizzato in due disegni di legge quasi identici: Atti Senato 696 Saro (Pdl) e 3122 Ceccanti (Pd).



Può certo darsi che soprattutto sul punto b) siano necessari aggiustamenti, dovuti alla maggiore frammentarietà del sistema dei partiti che è emersa dal voto amministrativo, a cominciare da un possibile premio esplicito alla forza più votata.

Tuttavia se per ben due volte (a fine 2007 e nella primavera scorsa) si era individuata quella come unica piattaforma possibile, mi sembra difficile che si possa andare effettivamente in porto se non si usa quello come testo-base. E, d’altronde, non si vede perché qualcuno dovrebbe a priori opporsi a questa proposta, quando tutti l’avevano riconosciuta come propria. Ritrovare il bandolo significa ripartire necessariamente da lì.