Giorgio Napolitano interrompe il sonnacchioso scivolamento dei partiti verso le ferie per richiamarli alla loro responsabilità. A dire il vero non si rivolge a tutti, ma solo a quelli che compongono l’attuale anomala maggioranza e lo dice chiaramente, d’altronde. Il che – in premessa – è una riprova dell’analfabetismo costituzionale dell’attuale minoranza composta da Lega e Italia dei Valori, che non di rado vanno all’attacco del Quirinale agitandosi sul nulla e invece non colgono quella che poteva essere, per una volta, una fondata ragione di polemica con il Colle, dovendosi, in astratto – un appello sulla legge elettorale – rivolgere a tutti i partiti,senza distinzione.



Ma non ce la sentiamo di dar torto al Quirinale per questa forzatura: avendo stipulato un patto d’onore a tre per la salvezza del Paese è ai partiti che questo patto hanno siglato che Napolitano si rivolge. Cosicché chi lo immaginava già alle prese con la moglie Clio a preparare i bagagli per Vulcano – provato dalle polemiche sulla trattativa Stato-mafia e dalla morte improvvisa del consigliere giuridico Loris D’Ambrosio – ha fatto male i suoi conti. Ma con chi ce l’ha, Napolitano? La scelta dei tempi – stasera il Pdl presenta al Senato la sua proposta e minaccia di fare da solo con la Lega, magari “tentando” Udc o Fli, per fare numero anche alla Camera – dice chiaramente dell’intenzione di bloccare questa forzatura, invocando ancora una volta spirito condiviso.



La legge elettorale, infatti, non è materia di rango costituzionale e potrebbe essere varata anche a maggioranza semplice. Pur tuttavia è impensabile che la squadra più forte possa cambiare da sola le regole del campionato: logica impone un patto, un compromesso, fra i principali contendenti. Ma quando Napolitano stoppa ogni aspettativa, anche non confessata – ma rivelata dai giornali – sul voto anticipato, è chiaro che si rivolge invece al Pd, essendo nota invece la ferma intenzione attuale del Pdl di evitare il rischio – che diventa certezza alla luce dei sondaggi – di perdere lo scettro del comando andando al voto anzitempo. Napolitano, in realtà, non esclude del tutto l’ipotesi, come alternativa allo stanco vivacchiare del governo, ma è assolutamente contrario ad andare a votare con una legge che non consente di scegliere gli eletti, e quindi sembra lamentare con i partiti di non esser stato messo in condizione di poter esercitare – se del caso – questo potere, almeno come arma di persuasione. Non che voglia davvero sciogliere le Camere, insomma, ma neanche si può pensare che gli sia impedita questa opzione se una maggioranza tenuta insieme, di fatto, dai voti di fiducia, dovesse ulteriormente sfaldarsi.



Ma a ben vedere Napolitano suggerisce anche un’indicazione di merito, oltre che di metodo. Fra le diverse soluzioni, infatti, quella propugnata dal Pd di un premio di governabilità alla migliore alleanza – e non al miglior partito, come chiede il Pdl – rischierebbe di avere effetti dirompenti sulla tenuta della già sgangherata attuale maggioranza di governo. Se infatti passasse una legge che induce il Pdl ad allearsi con la Lega e il Pd con Sel i due partiti principali risulterebbero indotti a concordare ogni posizione in aula con i futuri alleati, che lavorano alla caduta e al fallimento del governo tecnico. Una prospettiva dirompente, anche se Napolitano non può dirlo chiaramente. E allora tocca a Pier Ferdinando Casini esplicitarlo, facendo mancare il sostegno alla proposta del Pd, e aprendo la strada, di fatto, a una ipotesi di mediazione che torna, da ieri sera, a farsi concreta. In cambio della rinuncia al premio di alleanza il Pdl, infatti potrebbe mettere in discussione le preferenze ancora inserite nella proposta che stasera dovrebbe essere formalizzata al Senato. Intendiamoci, è improbabile che si arrivi a un’intesa prima delle ferie (anche se Casini ed Enrico Letta ci proveranno, facendo sponda con Gaetano Quagliariello, plenipotenziario del Pdl) ma almeno si cercherà di abbassare i toni, lasciandosi aperta, per settembre, la strada del compromesso.

Come che la si pensi però, non si può non esser grati, ancora una volta al presidente Napolitano che anche a costo di entrare in rotta di collisione, di fatto, con il suo partito di provenienza continua a indicare la prospettiva più conveniente per tutti. Bisognerebbe avere la capacità di guardare ai fatti e non alle aspettative polemiche delle rispettive tifoserie. E i fatti dicono che Monti, il presidente voluto da Napolitano, solca in questi giorni l’Europa riguadagnando una centralità nel dibattito. I fatti dicono che quando si è insediato stavamo messi peggio della Spagna e anche se oggi manteniamo un livello di spread elevatissimo, pur tuttavia prima di “fallire” noi dovrebbero fallire la Grecia e la Spagna ed allora la nostra è diventata una posizione di forza, essendo impensabile l’uscita dall’euro di tre Paesi di questo calibro. A quel punto neanche la Germania si salverebbe, lo ha capito anche la Merkel. Se poi ci mettiamo il ruolo di Draghi, la cui candidatura alla Bce fu fermamente sostenuta da Napolitano, capiamo come mai questo sforzo dell’Italia, sia pur nell’imbarazzante inadeguatezza della compagine di governo e dei partiti, stia dando dei frutti, grazie – appunto – allo spirito e alla lucidità di questi tre assoluti protagonisti italiani sulla scena (Monti, Draghi e Napolitano) che pur senza venir meno ai rispettivi ruoli al momento cruciale hanno mostrato di agire all’unisono e per il bene dell’Italia.

Ecco perché, a mio avviso, lo spirito bipartisan dell’Intergruppo, anche se non è un partito, è un metodo di condivisione che in questo momento può far bene all’Italia. Può spingere, in particolare, i due principali partiti a gareggiare per il ben comune e a darsi una veste europea, liberandosi della zavorra che serve a prendere voti cavalcando il populismo, ma poi di fatto ti impedisce di governare. In particolare il Pdl, sotto l’ombrello di Monti e Napolitano, potrebbe ritrovare la prospettiva smarrita di un partito veramente popolare ed europeo, come non si stanca di indicare Mario Mauro dal suo autorevole angolo visuale, una prospettiva nella quale l’incontro con Casini e Buttiglione – al termine del percorso – sarebbe prevedibile e auspicabile.