Nove mesi fa si svolse il primo convegno di Todi, ove l’associazionismo cattolico, su impulso del capo della Cei, il cardinal Angelo Bagnasco, si diede appuntamento per capire come contribuire all’emergenza politica. La crisi dei debiti sovrani non era ancora esplosa in tutto il suo fragore e il termine spread non era ancora così prepotentemente entrato nel linguaggio comune. E, soprattutto, il governo precedente, democraticamente eletto, non si era ancora dimesso per far spazio all’attuale. Mente l’emergenza si è acuita, i protagonisti del convegno di allora, non sono stati con le mani in mano. Roberto Mazzotta, grande animatore del secondo Convegno di Todi, ci spiega a che punto siamo arrivati.
Come procedono i lavori?
A ottobre ci sarà un secondo incontro conclusivo al termine del quale saranno stabilite le priorità programmatiche fondamentali dal punto di vista economico, politico e sociale e, presumibilmente, saranno anche date delle indicazioni a livello elettorale.
Chi saranno gli invitati?
Tutti i rappresentanti dell’associazionismo cattolico; dal mondo sindacale (come la Cisl), alle organizzazioni di categoria (Confartigianato, Coldiretti), dalle associazioni culturali, alle realtà imprenditoriali.
Qual è lo scopo di questo secondo convegno?
Constatiamo che, a fronte del dramma in cui versa il Paese, non resta che rafforzare le coesione sociale e concentrare le energie positive; oggi come non mai è necessario impedirne la dispersione, per non lasciare libero il campo alle componenti estremiste e populiste. In un tale contesto, il mondo cattolico si propone non tanto come soggetto politico nuovo, quanto come realtà sociale diffusa capillarmente nel Paese, dotata di unità da punto di vista etico e in grado di costituire attorno a sé un grande coagulo laico capace di ridare legittimità alla politica.
Ne emergerà un nuovo partito cattolico?
No. Si tratterà, piuttosto, di un’esperienza analoga a quella del primo decennio del secolo scorso; quando, al termine dell’Opera dei congressi, i cattolici diedero vita ad un’unità elettorale che assicurò il proprio consenso a quelle forze politiche con le quali fu possibile concordare una serie di punti di carattere generale riguardanti la vita sociale ed economica del Paese.
Perché esclude l’ipotesi del partito cattolico?
Perché non ce n’è bisogno. Aveva un senso storico dopo la Prima Guerra Mondiale, quando fu necessario arginare l’avanzata del fascismo; e lo ebbe dopo la Seconda Guerra Mondiale, quando la medesima operazione si rese necessaria con il comunismo, secondo un’ottica che, tuttavia, non fosse reazionaria. Oggi non è necessario aggiungere un’ulteriore formazione politica ma, semplicemente, garantire una base socio-culturale coesa a quella già esistenti.
Quanto peseranno i principi non negoziabili nella scelta dei vostri interlocutori?
Il movimento che nasce è cristiano e, tra i suoi fondamenti ispiratori, c’è anche il Magistero della Chiesa; ma resta laico e autonomo. Come laiche, del resto, devono essere le scelte politiche. Inoltre, i valori non negoziabili riguardano l’inizio della vita, la morte, ma anche il corso della vita stessa. Anche il modo in cui si vive non è negoziabile. In tal senso, la politica deve connotarsi da scelte orientate dalla giustizia sociale, dalla libertà, dalla solidarietà, dal benessere civile e dalla ricerca di una sempre maggiore integrazione europea.
In ogni caso, verso quali forze politiche crede che, prevalentemente, vi indirizzerete?
Siamo del parere che gli attuali partiti rappresentino un’esperienza conclusa e che i soggetti che hanno portato il Paese alla crisi dovranno conoscere una fase di trasformazione radicale. Rivolgiamo, quindi, un appello all’unione, perché si determini un accorpamento forte su un progetto condiviso che coincida, sostanzialmente, con il proseguimento dell’agenda Monti.
In sostanza, sta parlando della grande coalizione
Sì. Per intenderci: se il Pdl si ripresenterà con la leadership di Berlusconi e alleato della Lega, non potrà essere considerato un interlocutore; così come se il Pd si presenterà a braccetto con Di Pietro o se l’Udc resterà convinta del fatto che un partitino del 6%, in Italia, serva a qualcosa.
Chi potrebbe essere il vostro premier ideale?
Dico soltanto che auspico che l’attuale classe politica sia in grado, almeno, di garantire una legge elettorale che, a differenza dell’attuale, non sia indecente ma consenta agli elettori di scegliere effettivamente il proprio candidato.
(Paolo Nessi)