Peggio che un suk arabo, peggio che a Bisanzio. E’ stata la Caporetto della legge Gasparri la seconda giornata di votazioni per dar vita al nuovo consiglio d’amministrazione della Rai. Dopo la terza fumata nera, che ha certificato la paralisi della commissione di vigilanza Rai Pierluigi Bersani invoca il commissariamento da parte del governo, con il consenso dell’UDC,  ma la richiesta si scontra con il netto no del PDL, che però in questa vicenda esce a pezzi, anzi perde i pezzi.



Il pezzo perso è il sentore Paolo Amato, che in una situazione di assoluto  equilibrio si è schierato a favore della candidata dell’associazionismo Flavia Nardelli  (candidatura trasversale) ed è stato sostituito dal suo partito con Pasquale Viespoli, sfruttando il precedente della sostituzione di Riccardo Villari con Sergio Zavoli  da parte del PD.



Nessuno sa di preciso che cosa succederà stamattina, quando scatteranno votazioni a oltranza, di sicuro l’immagine trasmessa all’esterno dai partiti è desolante. La Rai questa volta è la vittima, vittima di troppi appetiti. I carnefici famelici sono i partiti, senza eccezione alcuna. Solo il radicale Marco Beltrandi è stato coerente con l’annuncio di non voler partecipare al voto. Al contrario, prima i dipietristi, poi gli uomini del Carroccio non hanno resistito alla tentazione e sono entrati nella partita. L’Italia dei Valori ha scelto la Nardelli, indicata da “Se non ora Quando”, e i leghisti Luisa Todini,giovane ex parlamentare europea di Forza Italia, espressione dichiarata del mondo confindustriale.  Del resto, la via di camuffare la lottizzazione come scelte della società civile l’aveva indicata il PD con i nomi di Benedetta Tobagi e di Gherardo Colombo.



In più dentro l’area degli ex An si è assistito allo scontro fra chi voleva portare il nome di uno dei padri della legge Gasparri, Antonio Pilati, e chi sosteneva l’uscente, Guglielmo Rositani. Ne è scaturito il tentativo di sostenerli entrambi, con l’effetto di una paralisi complessiva. Servivano sette nomi,  in caso di pareggio non si sceglie il più anziano (o qualunque altro criterio), ma si deve rivotare. 

Capire come finirà è più difficile di vincere al superenalotto, la posta in gioco è il 4 a 3, chi fra PDL e Lega da una parte e il resto delle opposizioni dall’altra dovrà avere una teorica maggioranza nel prossimo CDA di viale Mazzini. Teorica, perché i nuovi equilibri saranno imperniati sulle scelte già effettuate dal governo, la presidente Anna Maria Tarantola e il consigliere Marco Pinto.

Dunque ci si scanna sul nulla, o quasi. E il problema di dare un sistema di governance alla RAI, meno farraginoso e più snello, rimane intatto. Probabilmente Monti ha perso una buona occasione a inizio anno, quando ancora il vento del consenso gonfiava le vele della navicella del governo. Oggi è tutto più difficile, e dello stato comatoso della RAI  sembra non interessare  a nessuno. L’importante è sedersi al tavolo della spartizione con una posizione di forza. Come nella prima repubblica, come – temiamo – per sempre o quasi.