Si potrebbe pensare che l’abbia buttata lì. In realtà, tra i corridoi parlamentari, pare che siano sempre di più quelli che si stanno chiedendo se non sia soluzione ideale per uscire dall’impasse. L’ex presidente del Senato Marcello Pera, venerdì 29 giugno ha proposto, dalle pagine de La Stampa, di dar vita ad una nuova Costituente. Composta da 75 saggi, dovrebbe essere eletta contestualmente alla tornata elettorale del 2013. Resterebbe in carica un anno. Giusto il tempo di trasformare le forme istituzionali e gli equilibri tra i poteri in modo da ripristinare l’efficienza del sistema. Sullo sfondo, l’amara consapevolezza del fatto che le riforme di Pdl, Pd e Udc sono ormai praticamente naufragate del tutto. Giuliano Urbani, ex ministro alla Cultura ed ex vicepresidente della Bicamerale – esperienza analoga ad una Costituente – anch’essa naufragata miseramente, ci spiega cosa ne pensa della proposta di Marcello Pera.



Secondo lei, è un’ipotesi ragionevole?

Pera ha ragione da vendere. Avvertiamo, infatti, l’esigenza di cambiare l’assetto istituzionale e le regole del gioco. Ma la strada non è percorribile. Mancano i fondamenti per poter darle vita. La credibilità dei parlamentari è molto vicina allo zero. Circostanza che, paradossalmente, a maggior ragione renderebbe necessaria una Costituente. Tuttavia servirebbero idee ragionevolmente chiare e persone in grado di portarle avanti. Queste condizioni non sussistono. È sufficiente discutere con un politico qualsiasi per rendersi conto che il suo unico obiettivo, rispetto, ad esempio, alla riforma elettorale, è quello di danneggiare l’avversario e avvantaggiarsi nel massimo grado possibile.



Infatti, Pera ha proposto di attribuire il compito a 75 saggi completamente svincolati dalla politica, incompatibili con qualunque carica pubblica…

Scusi, ma questi saggi chi li dovrebbe scegliere? Non certo Pera. Li nominerà il Parlamento o sceglierà una platea di persone eleggibili. Quindi, siamo da capo. I criteri di selezione di cui gli onorevoli e i senatori disporrebbero, non sarebbero altri che i suddetti. Questi saggi sarebbero scelti in base alla possibilità delle varie forze in campo di condizionare il più possibile la partita a loro vantaggio.

Quindi? Come se ne esce?

Non c’è alternativa: possiamo solo sperare in un “salvatore” che provenga dall’esterno. Confido in un colpo di fortuna che acceleri il processo di formazione di un’Europa di stampo tedesco. Vede, quando la Germania si è ritrova tra capo e collo la caduta del Muro di Berlino (evento considerato dai tedeschi, all’epoca, altamente improbabile) e ha dovuto far fronte alla riunificazione, è riuscita a risollevare l’economia disastrata del suo fronte orientale grazie ad una serie di misure “lacrime e sangue” ma, al contempo, estremamente coraggiose.



Tradotto in chiave europea?

Un’Europa ove la linea fosse dettata dalla Germania, cui cedessimo definitivamente gran parte della nostra sovranità, potrebbe, ad esempio, prendere in considerazione misure draconiane come il taglio del 30% degli addetti alla funzione pubblica.

Crede che sia sufficiente licenziare per rilanciare l’economia? Ovviamente, no. Ma se sottraessimo risorse a tutto quello che risulta improduttivo per destinarle a ciò che è produttivo, si rilancerebbe lo sviluppo. Si parla, inoltre, da anni, di taglio delle Province: a quel punto, lo stabilirebbe l’Europa. Come imporrebbe l’accorpamento delle Regioni. E così, pure la revisione della spesa sanitaria, o una vera riforma del mercato del lavoro.

Tornando alle ragioni dell’ipotesi di una nuova Costituente: a questo punto, un’Unione Europea del genere cosa dovrebbe fare sul fronte degli equilibri istituzionali?

Al limite, niente. A quel punto, diventerebbe una questione secondaria. Se i meccanismi decisionali fossero trasferiti altrove, non ci importerebbe più nulla degli errori che si dovessero compiere in Italia.

Se queste condizioni non si verificheranno, a cosa andremo incontro?

Anzitutto, si sfascerà l’euro. L’Italia ne uscirebbe e l’unione monetaria non resisterebbe. A quel punto, ci ritroveremmo con un’inflazione sudamericana.

La svalutazione non è una tragedia. L’Argentina si è ripresa Sì, ma con costi sociali elevatissimi. La classe media è stata pressoché spazzata via.

Posto, infine, che in Italia sussistessero le condizioni per varare le riforme, lei per quali opterebbe?

Si potrebbe abbracciare tranquillamente il semipresidenzialismo alla francese. E una sistema elettorale alla spagnola.

(Paolo Nessi)