Qualche giorno fa, a margine di una cerimonia pre-ferie in uno dei Palazzi più alti della politica italiana, si discuteva di prospettive politiche con un collega che stimo molto: Paolo Biondi, della Reuters. Lui bocciava le mie congetture, non nel merito, ma con semplice quanto sensato invito ad andare col ricordo all’estate del ’93: “In quel momento saremmo stati capaci di prevedere quel che sarebbe accaduto fino alla primavera successiva?”, mi ha chiesto. Per chi non lo ricorda, l’inverno dopo in rapida successione ci fu la discesa in campo di Berlusconi, poi la fine della Dc, e la nascita (nello stesso giorno, a metà gennaio del ‘94) del Ppi e del Ccd di Casini, con tutto quel che ne conseguì.
“Manca ancora molto tempo”, mi ha detto Paolo, saggiamente. Ma in questi ultimi giorni, con questa ondata di ritorno di bi-populismo, con questa tendenza crescente – voglio dire – di ampi settori del Pdl e del Pd a dare fiato alle rispettive argomentazioni di parte (col solo effetto di mettere in difficoltà Monti) qualche dubbio mi viene che di tempo ve ne sia davvero molto, e non si stia piuttosto scivolando velocemente verso una fine anticipata della legislatura.
Il Pdl riscopre la leadership berlusconiana e l’alleanza con la Lega, con un istinto suicida da fare invidia alla ben nota tradizione della sinistra, specialista in materia. A completare il quadro autolesionista le minacce del Pdl di “cacciata” dell’Udc dal Ppe, con l’effetto di chiudere il discorso con l’unico potenziale alleato in grado di togliere il partito di Alfano dall’isolamento in cui è. Dall’altro lato, neanche a parlarne, le coppie gay e l’agenda Fassina-Cgil-Vendola sembrano aver preso il sopravvento sulla ben più ragionevole agenda Monti, che pure a parole tutti dicono – nella anomala maggioranza – di voler sostenere.
Sia chiaro, il terzo contendente, Pier Ferdinando Casini, non è in grado da solo di offrire una efficace alternativa (a proposito, è sciolta o non è sciolta, l’Udc? Non si è capito). Ma due grandi meriti Casini li ha: il sostegno offerto senza se e senza ma, anche a costo dell’impopolarità, alle amare medicine di questo esecutivo, innanzitutto. Il secondo: l’aver preso atto da tempo dell’inadeguatezza del suo “partito personale” a far fronte da solo alla domanda di nuova offerta politica che viene dal deluso e smarrito fronte moderato-centrista. Troppe le variabili per fare discorsi compiuti, con il nodo che era e resta la legge elettorale.
Ma la crescente delusione del Quirinale induce a non escludere uno scenario da voto anticipato. Il che significherebbe, probabilmente, andare al voto con un Porcellum aggiustato alla meno peggio in tutta fretta, per renderlo meno indecente: che so, con una preferenza e una riduzione dell’abnorme premio di maggioranza alla Camera. Credo che però fra il discorso che Mario Monti terrà a inizio Meeting, il 19 agosto, e l’appuntamento a inizio settembre dell’Udc a Chianciano (visto che non è ancora sciolto il partito?) se ne saprà di più. Si capirà fino a che punto Monti è ancora disposto a farsi rosolare a fuoco lento mentre solca con coraggio (gli va dato atto) tutte le piazze europee per tentare di mettere in salvo il Paese, con un Parlamento e una compagine di governo che non si mostrano all’altezza di questo sforzo immane che il premier porta avanti.
Quando parlo di bi-populismo non intendo enfatizzare o teorizzare il ruolo del governo tecnico (magari tornasse quanto prima la politica, quella seria) ma solo esprimere nausea per questa nefasta tendenza – complici i giornalisti – a raccontare storie alla gente. Anzi ognuno a modo suo alla propria gente: quello che faceva il comico e ora pontifica su internet; quell’altro che faceva il pm senza sapere bene neanche la lingua italiana e pretendeva di voltare l’Italia come un calzino ma non l’ha fatto; quell’altro che voleva preservare l’integrità del Nord, ma poi non trascurava gli interessi di famiglia. E i partiti più responsabili, quelli appartenenti alle più importanti famiglie politiche europee, che non rinunciano a inseguire l’andazzo della propaganda, mentre dovrebbero interrogarsi sulle molteplici occasioni sprecate di questi 18 anni, che ci hanno portato a questo stato.
Napolitano aveva visto giusto quando, qualche settimana fa, chiedeva alla strana maggioranza la convergenza su una legge elettorale condivisa, che avrebbe consentito a Pdl e Pdl un salto di qualità, vincendo la tentazione del ritorno al passato. Invece niente. Tutto ciò premesso nell’area poco presidiata del centro moderato e riformista ci sono autostrade che si aprono da poter percorrere per intercettare milioni di elettori senza più patria. E credo che Casini politicamente, e alcuni ministri a livello di impegno di governo (mi riferisco soprattutto a Passera, ma anche a Ornaghi, Riccardi e Catania) non vogliano “regalare” ad altri questo spazio che coltivano da tempo (Casini) o da qualche mese, mettendoci la faccia, se ci riferiamo ai suddetti ministri.
Credo che una possibile accelerazione verso le urne verrebbe vista dal Quirinale, che non trascura l’ipotesi, come un rischio ponderato per poter dare all’agenda Monti una base politica più forte, se le cose dovessero ulteriormente precipitare. In tal caso al centro sorgerebbe sull’onda dello stato di necessità una forza che potrebbe usufruire in franchising del marchio Monti, senza un suo diretto coinvolgimento, ma senza neanche che possa impedirsi ad autorevoli personalità di sostenere la fondatezza e la irrinunciabilità del suo tentativo.
In questa temperie si inserirà a fine settembre l’appuntamento di Todi del forum dei cattolici nell’ambito del quale, con un dibattito che si annuncia molto complicato, alcune associazioni sono intenzionate a fare un passo in avanti, se non una discesa in campo vera e propria.
Qualcosa di simile ha già fatto, e con un certo successo, Oscar Giannino, un giornalista in grado come pochi di interpretare la crisi, che con il suo manifesto si pone in forte polemica con i filoni più importanti che hanno governato nella Seconda Repubblica.
Ma già a Chianciano, a inizio settembre, ci sarà da studiare le mosse di personaggi come Raffaele Bonanni o Emma Marcegaglia. Ed è soprattutto da quest’ultima che in tanti aspettano il segnale che si vuole fare sul serio, e non si va invece ad una Udc allargata, grosso modo sempre egemonizzata da Casini.
So per certo che Emma è in cima anche ai gradimenti dell’attuale leader dell’Udc. Dunque, se lei accettasse, superando la scelta fatta di dare più tempo alla famiglia e alla azienda di famiglia, si porterebbe dietro in un colpo solo l’Udc, Giannino e la sua iniziativa, una buona fetta di associazionismo cattolico, sindacale e imprenditoriale e credo anche Gianfranco Fini, per non dire di alcuni ministri. Montezemolo (non pervenuto) finirebbe per essere anche lui della partita in qualche modo.
A quel punto, un nuovo fronte moderato siffatto, oltre ad avere qualche chance di vittoria, potrebbe quantomeno aspirare a imporre la barra al centro dell’agenda Monti a chiunque si candidi a governare senza essere in grado di poterlo fare da solo. Ora, va dato atto a Casini di aver detto con chiarezza le sue intenzioni, piaccia o non piaccia: con Berlusconi in campo (e l’alleanza con Pdl-Lega che ritorna) lui preferisce guardare dall’altra parte. E’ chiaro che spera nelle primarie, che potrebbero marginalizzare Vendola e rendere Bersani unico interlocutore. Forse si illude, forse no.
Ma certo, a quel punto l’uomo del Colle, Bersani ne è consapevole (ma non entusiasta evidentemente) non potrebbe che reincaricare Monti, non certo il segretario del Pd, e Vendola o chi per lui se ne dovrà fare una ragione. Ma sì, forse ha ragione Paolo Biondi, è ancora presto per tutte queste congetture.